10.

Il tunnel interdimensionale

Mahina Gelkares e Trascus ESCAPE='HTML'

Trascus arrivò trafelato chiudendosi la porta alle spalle. Era andato alla casa prescelta dei Neri ed aveva causato il guasto all’alimentatore della loro abitazione.

Nelle mani reggeva un cartoccio contenente alcuni panini che offrì alle ragazze: era dal giorno precedente che non mangiavano ed avevano dormito tutto il giorno e parte della notte, come suggerito da Trascus, in modo da essere pronte e riposate per la partenza.

Con un sorriso allungò il pane di segale ripieno di fettine di maiale affumicato a Mahina, ma la ragazza reagì inaspettatamente, sbarrando gli occhi in un moto di disgusto.

Trascus aggrottò le sopracciglia domandando silenziosamente il motivo della reazione e Mahina visibilmente a disagio balbettò:

«Questa è… sembra… è carne di un essere vivente…»

Un silenzio tombale piombò per qualche secondo nella stanza poi Trascus esplose indignato.

«Sua maestà non gradisce il cibo? Cosa desidera vostra signoria? Prego, la casa si farà in quattro per soddisfare il vostro raffinatissimo palato!» la canzonò sprofondandosi in un inchino esagerato.

«Trascus, smettila! Tu non puoi capire cosa significhi essere un Bianco!» intervenne Gelkares.

«No infatti, non lo capisco!» rispose il ragazzo guardando con rancore Mahina che paonazza, si rigirava il panino fra le mani.

«Trascus, devi sapere che…» iniziò Gelkares.

«Lascia stare Gelky!» l’interruppe Mahina. «Tu non puòi davvero capire!» lo guardò dritto negli occhi ed inaspettatamente si perse in quei caldi colori autunnali che sembravano smentire con la loro dolcezza, l’ira dipinta in volto.

«Noi consideriamo tutte le forme di vita sacre e non abbiamo bisogno di uccidere per mangiare. Ci cibiamo di piante, di latte e di uova, ma sempre nel pieno rispetto della natura.»

«Principessa, allora ho il piacere di darti il benvenuto nel regno dei Barbari!» la canzonò ancora molto arrabbiato. «T’informo che o ti adatterai alle nostre usanze, alla vita al di fuori di Atlantide o semplicemente morirai di fame. Dove andremo si uccide per campare ed anche noi consideriamo sacra la vita perché sappiamo che senza il sacrificio di parte di essa, non sopravvivrebbe nessuno.»

Le strappò il panino dalle mani, lo svuotò del suo contenuto, l’inserì nel proprio e lo riconsegnò alla ragazza.

«L’integrità spirituale di vostra maestà per oggi è salva, ma arriverà il momento in cui dovrai adattarti. È facile rinunciare a tante cose quando hai tutto, ma ti assicuro che quando la terra è ostile, quando i nemici ti depredano d’ogni avere, quando il clima t’impedisce di coltivare anche il minimo necessario, ti devi adattare a ciò che arriva.»

«Smettila Trascus, per lei non è facile, dovresti capirlo!» lo ammonì Gelkares.

«Sono preoccupato Gelky, spero di non aver commesso un errore ad accettarla fra noi. Potrebbe non sopravvivere e questo comunque è un problema suo, ma se diventa un pericolo opponendosi anche alle pratiche basilari di sopravvivenza sarò costretto ad abbandonarla dove si trova. O lei o noi. Ed anzi» aggiunse con una nota di cattiveria «sappi che anche tu potresti fare la stessa fine. L’adattamento è la regola prima in un ambiente ostile.»

«Tranquillo Trascus, magari farò degli errori e non capirò tutto subito, ma non sono una bambina viziata e non dovrai in alcun modo preoccuparti per me.» lo rassicurò Mahina ergendosi dignitosamente in tutta la sua altezza

Gli girò le spalle e iniziò a mangiare con voracità il panino. Per un po’ nella stanza regnò il silenzio ed ognuno rimase chiuso nei propri pensieri.

«Bene ragazze» Trascus ruppe la tregua utilizzando un tono più rilassato «tutto ci è utile per conoscerci; mettiamo da parte questa questione e prepariamoci! È ora di partire, dobbiamo trovarci vicino al varco quando arriveranno i tecnomaghi per il controllo. Siete pronte?»

Le ragazze annuirono all’unisono, misero il proprio zaino in spalla ed uscirono cercando di non dare nell’occhio.

«Mahina, adesso metteremo alla prova le tue capacità.»

La ragazza assentì, raccogliendo le proprie forze per il com-pito che Trascus le aveva assegnato.

Arrivati all’altezza del varco che permetteva l’accesso al tunnel interdimensionale attesero l’arrivo dei tecnomaghi, rimanendo nascosti dietro ad un cespuglio.

Non sapevano quanto tempo ci sarebbe voluto, ma la professionalità della loro Confraternita era rinomata in tutta Atlantide e normalmente un guasto veniva riparato nel giro di poche ore.

La tensione era altissima ed ognuno cercava di farsi coraggio a proprio modo.

Mahina provava molto rispetto per Trascus, si sentiva sicura con lui, in qualche modo si era insinuato nel suo spazio mentale e non le era mai accaduta una cosa simile. Sapeva che era innamorato di Gelkares, non si sarebbero nemmeno incontrati se non fosse stato per questo motivo, ma non riusciva ad impedirsi di fissare quelle spalle larghe e muscolose, frutto del duro lavoro a cui la condizione di schiavo lo aveva assoggettato. La cosa che più l’attraeva era tuttavia il suo odore naturale, un misto di muschio e salsedine che sembrava stimolare parti di lei che non aveva mai conosciuto.

Proprio mentre si stava perdendo in queste riflessioni Trascus avvertì che i loro uomini stavano arrivando.

I tecnomaghi si occupavano principalmente della manutenzione dei posatori grazie ad una conoscenza approfondita delle proprietà dei cristalli di cui erano composti ma nel medesimo tempo, erano esperti di magia ed usavano le loro facoltà per proteggere gli accessi ai tunnel interdimensionali di ogni parte di Atlantide. Erano gli unici in grado di muoversi nei tunnel senza perdersi e questa conoscenza veniva trasmessa solo agli appartenenti alla loro Confraternita. Lavoravano sempre in coppia, in modo da avere un aiuto in caso di bisogno.

Mahina li riconobbe subito, si trattava di due tecnomaghi di mezza età che le avevano sempre dimostrato estrema gentilezza.

Trascus con uno sguardo si accertò che fosse pronta e le lasciò lo spazio necessario per muoversi.

La giovane radunò le forze ed invitò gli amici a coprirsi completamente con le spesse coperte che aveva chiesto di portare: costituivano l’elemento indispensabile all’incantesimo d’invisibilità che richiedeva l’interposizione di un mezzo opaco fra la luce ed il loro corpo.

I tecnomaghi nel frattempo avevano pronunciato la formula magica ed il varco si stava aprendo con un rumore sordo davanti a loro.

Era il momento, avevano pochissimi secondi per raggiungerli e seguirli nel tunnel prima che si richiudesse.

Mahina si concentrò sull’incantesimo e formulò interiormente le parole necessarie, invitando gli amici a rimanere praticamente incollati fra loro ed a lei.

Giunsero alle spalle dei tecnomaghi senza che questi si accorgessero di nulla fino a quando Gelkares pestò con il piede un ramoscello di legno facendoli voltare verso la fonte del rumore.

Mahina rimase concentrata nonostante il battito incontrollato del cuore.

Uno dei tecnomaghi la stava fissando ad un palmo dal naso, avvertiva una sensazione di disagio senza riuscire a motivarla. Il collega lo chiamò per indurlo ad affrettarsi ed egli scrollando le spalle lo seguì nel tunnel. Riuscirono ad intrufolarsi proprio mentre il varco si richiudeva alle loro spalle.

Doveva mantenere l’incantesimo d’invisibilità per lo meno fino a quando i due non si fossero allontanati a sufficienza. Rimasero adesi alla parete trattenendo il respiro anche se l’incantesimo era perfettamente riuscito.

Quando udirono che i passi dei tecnomaghi erano sufficientemente lontani si rilassarono e si avviarono nel verso opposto.

Trascus si permise di respirare normalmente.

«Non abbiamo dovuto usare la forza, sono contento! Se non sanno dove siamo abbiamo più possibilità di cavarcela e la scomparsa dei tecnomaghi avrebbe sicuramente destato qualche sospetto.»

«Li avresti uccisi?» chiese Gelkares senza ricevere una risposta, il che rese il silenzio un assenso non verbale.

Il tunnell era molto spazioso ed illuminato perennemente dai cristalli che scorrevano su una fiancata per tutta la lunghezza della parete. Trascus si concentrò sul percorso, lo aveva studiato il giorno che aveva sostituito il tecnomago grazie alla sua formidabile memoria fotografica.

In realtà in quel momento stavano andando verso il Quinto Distretto in modo da allontanarsi dai tecnomaghi che stavano ispezionando il Sesto. Ci sarebbe voluta solo mezz’ora, il tempo necessario per assicurarsi che non ci fossero guasti che peraltro non potevano esserci.

Quando i due uscirono dal tunnell, Trascus invitò le ragazze a seguirlo ritornando sui loro passi.

Avanzarono nel silenzio spezzato unicamente dal ronzio onnipresente della luce magnetica. Il tunnel proseguiva dritto e senza intoppi, ma dopo circa mezz’ora la strada si aprì in una rotonda con molteplici possibilità di percorso lungo la sua curvatura.

«E adesso?» chiese Gelkares.

«Cercate di mantenere la calma.» ordinò perentoriamente Trascus che sentiva il bisogno di concentrarsi. «Dobbiamo solo capire quale di queste vie ci condurrà al Decimo Distretto.»

«Queste rotonde si trovano in corrispondenza dei confini tra un Distretto e l’altro.» lo informò Mahina.

«Quindi ognuna ci conduce ad un preciso Distretto ed ogni simbolo inciso sulla parete corrisponde ad uno di essi?»

«Sì, l’ho anche studiato a scuola, ma all’epoca non lo trovai un argomento così interessante. I tunnel sono come una maglia di rete che attraversa l’intero territorio, ma più di questo non so dirti! Peccato…»

«Ci sarebbe stato proprio utile, ma nemmeno io mi sono interessata ai tunnel ed ai posatori, preferivo le formule di magia.» confessò Gelkares.

Trascus tacque osservando tutte le possibilità e cercando un qualsiasi indizio che potesse aiutarli nella scelta. Fece un giro completo della rotonda constatando che ognuna di quelle diramazioni aveva effettivamente un simbolo diverso inciso sulla parete destra d’accesso.

«Proviamo a ragionare, ci troviamo a Nord-Ovest di Atlantide, in linea con lo Stretto di Eschis e del Tempio di Boham che è la nostra meta. Se manteniamo la strada appena percorsa come linea di riferimento, le possibilità si riducono a tre, massimo quattro. Direi queste!» affermò avvicinandosi ai passaggi.

Le due giovani gli si affiancarono.

«Sì, ma lo sbocco da cui siamo usciti non è in linea con nessuna di queste entrate.» osservò Mahina.

«Abbiamo due possibilità, ma poco tempo a disposizione: torniamo indietro e arriviamo fino alla rotonda precedente in modo da vedere il simbolo della via percorsa che ovviamente è quello che c’interessa, oppure usciamo dal tunnel e tentiamo la sorte attraversando esternamente i Distretti…»

«Un attimo, non essere precipitoso!» Mahina s’avvicinò incuriosita ad uno dei simboli ed il volto le si allargò in un sorriso luminoso. «Ho capito!

Trascus e Gelkares le si accostarono per osservarlo da vicino.

«Vedi Gelky? Non ti sembra un segno familiare?»

«A dire la verità no, non riesco ad associarlo a nulla di mia conoscenza.»

«Ma dai, è semplice! Considera che la Confraternita dei tecnomaghi ha un’adorazione per i Lemuriani visto che questa è opera loro.» affermò indicando con un ampio gesto della mano il tunnel.

«Sono numeri, si tratta dell’antico sistema numerico di quella civiltà!» affermò trionfalmente.

«Beh non contare sul mio aiuto perché anche lì non mi sono applicata più di tanto, era un argomento decisamente noioso.»

«Nemmeno io per la verità, ma riesco a riconoscere i primi numeri perché all’epoca li associavo agli Archetipi, argomento che invece mi ha appassionato moltissimo. A noi interessa il dieci che indica il Decimo Distretto ed è questo!» confermò indicandolo con il dito. «Vedi?» aggiunse percorrendo la rotonda per osservarli tutti. «Si tratta di numeri: questo è l’uno, quest’altro è il due…»

«Ne sei certa?» Trascus si sentì inadeguato e realizzò che si era sopravvalutato; senza le conoscenze di Mahina non avrebbe certo saputo interpretarli.

«Certissima, la via che c’interessa è questa ed il simbolo che dobbiamo seguire è il dieci lemuriano!» concluse soddisfatta.

Senza indugiare od aspettare risposta s’incamminò lungo il tratto del tunnel prescelto, costringendoli a seguirla.

Ci vollero quasi due ore per percorrerlo e come previsto si ritrovarono in una nuova rotonda, caratterizzata dalle precedenti diramazioni. In un attimo trovarono il segno che cercavano ed imboccarono decisi quella via.

«Ci troviamo tra il Settimo e l’Ottavo Distretto, ancora due rotonde e ci siamo.»

Mahina si rammaricò con se stessa per aver trattato a suo tempo con troppa leggerezza alcune materie di studio, ma come poteva immaginare che un giorno si sarebbe trovata in quel buco ed in simili circostanze? Il suo destino sembrava tracciato fin dalla nascita e parlava di onori e gloria come quello dei genitori.

Lo stomaco le si strinse in una morsa al pensiero che ormai tutto era perduto.

Trascus la scrollò per un braccio vedendola lacrimare.

«Adesso non è il momento di abbattersi! Voi principesse non avete idea di cosa sia la vita al di fuori del vostro regno dorato; se ritieni che quello che ti è accaduto sia terribile quando usciremo da questo posto ti racconterò la mia esperienza. Ti assicuro che non c’è paragone.»

Mahina lo guardò negli occhi ed ancora una volta provò un brivido di piacere nonostante il tono decisamente scortese del ragazzo.

Gelkares intercettò i loro sguardi ed avvertì un’intensa morsa di gelosia.

«Trascus non credi sia il caso di andare?» Lo prese sottobraccio reclamando il proprio territorio.

«Ogni tuo desiderio è un ordine!» scherzò e si lasciò guidare accogliendo quell’improvvisa manifestazione d’intimità con piacere; non si erano mai spinti oltre qualche sporadico bacio anche se per lui era stato molto difficile resistere alla voglia di possederla.

Mahina li seguì rimanendo qualche passo indietro. Cercò di scacciare la fastidiosa sensazione d’intrusione che sapeva aver causato nella loro coppia.

Stavano camminando ormai da diverso tempo quando si accorse che Trascus aveva cominciato ad avere un andamento traballante. Rimase ad osservarlo con attenzione notando che l’incedere peggiorava rapidamente.

«Gelkares...» richiamò l’attenzione dell’amica che si voltò a guardala stupita per il tono allarmato.

«Cosa succede? C’è qualche problema?»

Mahina lanciò un’occhiata in direzione di Trascus che era ormai completamente scoordinato nei movimenti.

«Trascus fermati!» gli ordinò senza ricevere risposta.

Lo raggiunsero e notarono lo sguardo vacuo del giovane che si stava spegnendo, proprio in quell’attimo, in uno svenimento.

Lo sorressero nella caduta e l’adagiarono sul pavimento.

«Pensi che sia opera del tunnel?» chiese Gelkares.

«Credo di sì, probabilmente lui è meno abituato alle frequenze della Fonte.»

«Che cosa facciamo adesso?»

«Dobbiamo uscire il prima possibile per allontanarlo da queste frequenze, ma ovviamente non possiamo trasportarlo di peso. Se riusciamo a farlo tornare in sé possiamo farcela. Guarda, lì c’è l’ultima rotonda.» affermò Mahina puntando l’indice davanti a sé.

Trasse la borraccia dal proprio zaino e senza pensarci troppo versò un po’ d’acqua sul volto del giovane.

«Ma che diavolo…» inveì quest’ultimo fermando il pugno della mano ad un palmo del volto della ragazza. «Cosa stai facendo?» chiese vergognandosi del gesto istintivo, ma sollevato dal non averlo portato a termine.

«Credo sia il tunnel Trascus, ti sta facendo uno strano effetto proprio come ci avevano insegnato a scuola.» lo rabbonì Gelkares.

«Che cosa ho detto?»

«Che cosa hai fatto!» lo corresse Mahina. «Hai iniziato a brancolare come un ubriaco e hai perso i sensi. Per fortuna l’acqua ti ha fatto riprendere conoscenza!»

«Davvero? Non mi ricordo niente, so solo che stavo camminando e chiacchierando piacevolmente con Gelky.»

«Non importa!» lo consolò Mahina. «Se il tunnel sta cominciando a produrre questi effetti dobbiamo sbrigarci ad uscire da qui. L’ultima rotonda è laggiù!» l’informò indicandola. «Pensi di farcela?»

«Tranquille, con la doccia che mi hai fatto avresti svegliato anche un elefante.» scherzò facendola arrossire.

Si alzò da terra e s’incamminò a lunghe falcate verso la rotonda costringendo le due ragazze ad una piccola corsa per riuscire a stargli dietro.

«Se non ho sbagliato i miei calcoli a metà troveremo il varco d’uscita che c’interessa! Questi tunnel sono talmente prevedibili! Se notate di nuovo qualche mio comportamento strano vi autorizzo a versare anche la mia borraccia!» risero tutti sdrammatizzando il timore che potesse davvero accadere.

La vista del varco d’uscita li fece tirare un sospiro di sollievo.

«Ce l’abbiamo fatta!»

«Sì Trascus, ma adesso avremo davanti un avversario ben più temibile e che non ha proprio nulla di prevedibile.» l’avvertì Mahina.

«Ti stupirebbe sapere carissima, quanto bene io conosca i Neri… sicuramente meglio di te. So di cosa sono capaci, conosco i mezzi che usano e non li sottovaluto. Non potrei dopo quello che mi hanno fatto, credimi!» terminò con vibrante intensità «Adesso dobbiamo mescolarci a loro. Se fossi solo non ci sarebbero tanti problemi, non credo che qualcuno si sia ancora accorto della mia mancanza., gli schiavi sono insignificanti ai loro occhi. In ogni caso dovrò anch’io cercare di nascondere il mio aspetto: voi avete gli abiti degli Intoccabili ed io ho questo…» trasse dallo zaino un logoro cappello a tesa larga e l’indossò.

«Ma come ce ne andiamo da qui?» l’interruppe Gelkares. «Potrebbe esserci un incantesimo di protezione anche nell’uscita!»

«Giusta domanda,! Quando sono stato qui la prima volta ho visto che in realtà uscire non è un problema. Guarda…» S’avvicinò alla parete vicino al varco ed individuò una piccola leva che si confondeva con il colore grigiastro della roccia. «C’era anche nei varchi degli altri tunnel, l’ho verificato mentre ci passavamo!»

«Dove ci troveremo quando usciremo da qui?»

«Ogni varco esce in un punto preciso dei Distretti, li ho controllati tutti quando ho ideato il piano. Uscendo sbucheremo a poca distanza dalle mura del Tempio di Boham ma saremo protetti da una fitta vegetazione. Il problema semmai, sarà superare la porta d’ingresso che è sorvegliata dalle guardie: non passa nessuno senza il visto. Mahina, puoi usare ancora il tuo incantesimo di occultamento?»

«Certo, tra l’altro adesso che ho visto che funziona mi sento più sicura. L’avevo utilizzato prima di oggi solo negli esercizi al Tempio, ma ora il contesto è decisamente diverso. L’importante è che sia riuscito! Sì, direi che sono pronta!»

«Bene ragazze allora usciamo!»

Proprio mentre pronunciava queste parole dei forti rumori fuori dal varco fermarono sul nascere la sua mano mentre si accingeva ad azionare la leva d’apertura.

«Sta entrando qualcuno!» le azzittì con il dito «Allontaniamoci da qui!»

«Non so cosa siamo venuti a fare qui» stava dicendo una voce mentre il varco s’apriva «che senso ha ispezionare questi stramaledetti tunnel? È impossibile che una ragazzina riesca ad entrarci e che non ci si perda!»

«Stai zitto stupido» rispose un’altra voce «gli ordini di Mhanna non si discutono. Se la figlia dei Sommi è qui la troveremo…. se non c’è tanto meglio.»

Mahina aveva nuovamente attuato l’incantesimo d’occultamento ed i cinque soldati passarono davanti a loro senza vederli, preceduti da un tecnomago, un infiltrato dei Neri, che li guardava con aria di sufficienza: riteneva del tutto improbabile che si potesse trovare in quel luogo.

«Il bambino deve essere protetto, non usatele violenza o Mhanna ci taglierà i testicoli.»

I cinque uomini risero sonoramente e si allontanarono facendo perdere il suono della loro voce nel fondo del tunnel.

Mahina non aveva colto la portata di quei discorsi, era troppo concentrata sull’incantesimo; i sensi di Trascus invece, si erano drizzati come antenne.

Quindi i Neri la stavano cercando, addirittura Mhanna, la maga più potente di tutta Atlantide. Conosceva perfettamente i modi di quella strega, aveva sperimentato personalmente la sua crudeltà. Gli uomini avevano parlato d’un bambino. Un bambino? In un lampo comprese quelle parole e si ritrovò ad osservare il ventre di Mahina, peraltro completamente piatto. Non disse nulla, in quel momento era necessario uscire dal tunnel e senza altri indugi s’avvicinò alla leva e l’azionò.

Il passaggio s’aprì con un rumore sordo che non sfuggì ai militari.

«Qualcuno ha aperto il varco!» gridarono correndo verso l’apertura.

I tre ragazzi erano ormai usciti ed il varco si era quasi del tutto chiuso alle loro spalle.

«Trascus...oh no! Il mio zaino… uno degli spallacci è rimasto impigliato nell’apertura, aiutami!»

«Cavolo Gelky!» la raggiunse aiutandola a tirare, ma furono costretti a lasciarlo sul posto.

Le voci dei militari incombevano a pochi passi da loro.

«Via, allontaniamoci… lascialo lì!» le sussurrò Trascus.

Le condusse dentro ad un fitto cespuglio di arbusti, vuoto nel suo interno; per quanto stretto permetteva di nascondersi in tutta sicurezza.

«L’ho individuato durante le mie perlustrazioni nel caso ci fossimo trovati in una situazione d’emergenza. Ho tagliato io i rami al suo interno per avere un nascondiglio; da fuori non si nota nulla.»

Quando il varco si aprì nuovamente il primo dei soldati inciampò sullo zaino di Gelkares.

«Oh mio Dio, no!» s’impietrì Mahina osservando la scena dalle brecce degli arbusti.

«Stai calma, vedrai che troveremo una soluzione. Sembra che cerchino solo te, non sono a conoscenza della presenza mia e di Gelky.» l’incoraggiò Trascus.

Due militari nel frattempo si erano avvicinati al cespuglio scrutando la zona con attenzione.

«Potrebbe essere lei, ma anche no» stava dicendo uno di loro. «di sicuro qualcuno era dentro al tunnel ed è scappato quando ci ha sentiti. Chiunque sia non può essere andato lontano!»