Nessuno è Profeta in patria

Nessuno è profeta in patria ESCAPE='HTML'

Voglio condividere con voi le mie riflessioni su due versetti del Vangelo apocrifo di Tommaso (che sapete amo da morire), perchè non è così semplice come appare a prima vista la loro interpretazione, anche se noi qui parliamo spesso delle cose che essi affermano simbolicamente.

"Nessuno è profeta in patria, nessun medico cura i propri familiari"

Qui Gesù intende dire che nessuno di noi può curare se stesso da solo, senza lo specchio dell'altro che gli mostri ciò che dimora in lui. Quindi non puoi predicare a te stesso, puoi solo specchiarti nel mondo esterno, al di fuori di te, della tua patria, per potere affermare di conoscerti.

Quando parla di familiari intende tutto ciò che fa parte di noi, che è in noi dalla nascita in poi, che è scaturito dai condizionamenti ricevuti dall'esterno e che agiscono a posto nostro.. Fino a quando appunto non vediamo ciò che dimora in noi e scegliamo per la prima volta con consapevolezza chi siamo davvero, grazie al confronto.

Esempio: reagiamo con arroganza ad una persona che ci sta mostrando un determinato argomento.
La persona è il nostro specchio, ci sta mostrando l'arroganza.
Ma l'arroganza è un sistema di difesa dell'io che cerca di "essere riconosciuto" e lo fa in forma violenta perchè quella persona non è consapevole di avere una ferita in quell'aspetto della propria interiorità. Agisce meccanicamente e si trova quindi in situazioni che gli rendono la vita difficile.
Da dove arriva quella ferita? Perchè ha bisogno di affermare con violenza se stesso? Cosa è accaduto da bambino da indurlo a questo tipo di reazione, a volere imporre se stesso all'altro?
Una persona serena parla sempre serenamente, se non c'è ferita, non c'è dolore e tutto scorre senza problemi.

Il secondo versetto parla anch'esso di condizionamenti.

"Colui che non sa lasciare suo padre e sua madre non può diveniire mio discepolo e colui che non sa lasciare i soi fratelli e le sue sorelle e non sa comportarsi come me, non sarà degno di Me":

Qui invece dice che per trovare la NOSTRA verità dobbiamo per forza abbandonare tutto ciò che sapevamo in precedenza, ossia tutti i condizionamenti (il padre che simboleggia tutto ciò che conosciamo fin da piccoli e che rappresenta il nostro sapere razionale che ci limita e tutto il futuro che sogniamo e che pensiamo debba essere la nostra esistenza (la madre)e che deriva appunto da questa "partenza "errata" ed i fratelli e le sorelle, difatti, rappresentano tutto ciò che è scaturito in noi, tutti i pensieri e le idee sul futuro che sono conseguenza di tali condizionamenti.

Esempio: facciamo un lavoro che non ci piace, che però fin da bambini ci hanno prospettato come il lavoro migliore di tutti perchè dà prestigio e ricchezza. Non è una nostra scelta, non ci fa stare bene, ma lo facciamo inconsapevolmente perchè questo ci è stato inculcato dai condizionamenti esterni.
Capire quello che fa davvero per noi, significa morire al passato, a ciò che è in noi come menzogna e scopire la "verità" priva di veli.

Aggiungo una precisazione: non è che dobbiamo prendercela con i nostri genitori se abbiamo una modialità di comportamento errata. I condizionamenti hanno radici ben più lontane, fanno parte dell'albero genealogico della nostra famiglia, delle educazioni che le generazioni precedenti alla nostra hanno continuato a passare alle successive. L'arroganza ( per esempio) può essere semplicemente "l'eredità" dei nostri avi. Quando liberiamo noi stessi in quell'aspetto, liberiamo anche tutto il futuro. Ovviamente se è l'arroganza ciò in cui stiamo lavorando è anche perchè quel qualcosa fa parte di ciò che dobbiamo imparare.