13) Incontro con il Fetch

Il Fetch di Phale ESCAPE='HTML'

Mahina si svegliò di soprassalto colta da una nausea insopportabile.

«Cosa succede Mahina?»

Trascus si era accorto dell’agitazione della ragazza e si avvicinò a lei parlando sottovoce per non svegliare Gelkares che dormiva profondamente in mezzo a loro.

Erano le tre di notte ed a parte il fruscio delle onde che denunciava l’avanzare di Regina, non si udivano altri rumori; la cambusa era avvolta nel silenzio ed Otre riposava nella cabina adiacente.

Mahina si alzò cercando di non disturbare l’amica e si accasciò in uno sgabello sgangherato con il volto dipinto da un’espressione di disgusto.

Trascus la seguì preoccupato.

«Mahina, dobbiamo parlare.»

La ragazza lo guardò sapendo intimamente quale sarebbe stato l’argomento della loro conversazione. Aveva cercato di scacciare quel pensiero relegandolo in un luogo inaccessibile ma intimamente conosceva la verità, la sentiva.

«Mahina, quel soldato al tunnel ha detto una cosa…»

«Sì, ho sentito!» lo interruppe Mahina mantenendo lo sguardo abbassato in un moto di rassegnazione.

«Credo tu sia incinta Mahina!» la colpì senza mezzi termini.

«Lo so!»

La verità espressa così brutalmente diede l’avvio ad un fiume di lacrime che sembrava non avere fine e Trascus come ogni uomo di fronte alla fragilità d’una donna, non seppe fare altro che prenderla fra le braccia e sostenerla in silenzio.

Una goccia salata di quel dolore gli scivolò in bocca e senza rendersene conto avvicinò le labbra a quelle della ragazza e la baciò.

La meraviglia di quell’attimo sospeso nel tempo colmò la cambusa facendola traboccare di un’emozione che soggiogò entrambi.

Quando le labbra si staccarono con i corpi ancora avvinghiati, i loro occhi si persero gli uni negli altri, parlando il linguaggio muto di chi sta comunicando con il cuore.

«Mi dispiace Trascus, in che guaio ti ho cacciato!»

Lui le prese il volto fra le mani e la tranquillizzò.

«Effettivamente hai sconvolto i miei piani, ma è niente in confronto a ciò che sto provando in questo momento. Non ho mai sentito per nessuna donna ciò che avverto per te, è una cosa che mi tocca le viscere… fa quasi male!»

Mahina sorrise d’imbarazzo e Trascus ne approfittò per baciarla nuovamente.

Il bacio fu più lungo e sensuale rispetto al primo ed il tamburo del cuore risvegliò i loro corpi, accendendo i sensi nell’antica danza senza tempo degli innamorati.

Come un folletto dispettoso il pensiero di Gelkares s’insinuò nella mente di Mahina ed il brusco ritorno alla realtà la spinse ad allontanarlo da lei con decisione.

«Non possiamo Trascus!» affermò incurante della rabbia che gli leggeva in volto.

«È meglio non spingerci oltre, non voglio crearti nuovi problemi e la mia situazione è troppo precaria per poter dare vita ad un qualsiasi rapporto che vada oltre la semplice amicizia.»

Il suo cuore le diceva con vigore che costruire la propria felicità sull’infelicità altrui non era corretto e Gelkares era la sua migliore amica, non avrebbe mai potuto tradirla.

Si allontanò ulteriormente da lui e quel gesto punse sul vivo l’orgoglio di Trascus.

“Uno schiavo non è all’altezza di una principessa Bianca!” pensò stringendo le labbra in una morsa.

«Bene, non c’è problema, accetto la tua decisione e torno a dormire! Tu rimani pure nel tuo assurdo mondo.»

Rimasta sola si sedette nuovamente sullo sgabello perdendosi nei mille punti interrogativi che le martellavano le tempie.

Come avrebbe voluto avere la madre accanto in quel momento.

Ripensando a Monràh il cuore le si strinse in una morsa di disperazione.

“Mamma… cosa ho combinato? Come ho potuto tradire così la tua fiducia?” si colpevolizzò.

Stava crescendo una vita dentro di lei, un bambino il cui padre per lei era insignificante. Non si ricordava nulla dell’intimità avuta con lui, come era possibile? Era incinta, stava viaggiando in una nave che l’avrebbe portata in un luogo sconosciuto e brutale e senza l’aiuto degli affetti più cari che oltretutto non avrebbe mai più rivisto. Come se non bastasse, si era perdutamente innamorata per la prima volta, ma del ragazzo della sua migliore amica. Come avrebbe fatto a nascondere i sentimenti che provava per lui? Le sue emozioni erano un libro aperto per chiunque.

Ricacciò le lacrime in gola e si costrinse a trovare forza dentro di sé: aveva un bambino a cui pensare e avrebbe fatto di tutto per proteggerlo, anche dalla propria fragilità.

Una strana energia compassionevole eruppe dal centro del suo cuore, espandendosi in ogni direzione. Sembrava che un’entità sconosciuta le fosse accanto e stesse condividendo con lei il dolore, donandole al contempo una forza misteriosa.

Stupita rimase in ascolto per comprendere ciò che stava percependo.

Non le era difficile concentrarsi interiormente perché come tutti i Bianchi era stata educata alla meditazione fin dalla più tenera età in modo da impedire che l’amigdala, chiamata dai maghi Bianchi “La Porta del Cielo”, si atrofizzasse come accadeva all’uomo comune che crescendo si allontanava dall’origine, perdendo al contempo sia ogni capacità di comunicare con il regno spirituale, sia il ricordo oggettivo di esso.

Ripensò al benessere provocato dalla meditazione e si abbandonò al silenzio interiore svuotando la mente come aveva fatto innumerevoli volte al Tempio. Sentì aprirsi la porta del cuore ed entrò nel luogo dove il tempo e lo spazio, in assenza di qualsiasi movimento mentale, si annullavano.

Non sapeva quanto tempo fosse passato dall’inizio della pratica, ma all’improvviso, si ritrovò proiettata in un’altra dimensione, come se si fosse sdoppiata. Guardò meravigliata il proprio corpo poggiare i piedi al suolo senza che avvertisse alcuna sensazione fisica.

L’ambiente in cui era stata catapultata non aveva alcuna forma né sostanza, sembrava fatto dello stesso materiale delle nuvole anche se muovendosi in avanti, percepì una certa consistenza.

Si sentì chiamare da una voce che scoprì appartenere ad un ragazzo sulla trentina.

“Mahina non avere paura, sei qui con me!”

«Chi sei?» gli chiese guardando quel volto e riconoscendolo in un’intimità che non riusciva a spiegarsi.

“Sono io, tu sai chi sono. Io e te siamo sempre stati insieme e lo saremo per l’eternità.”

La ragazza riconosceva la verità di quelle parole anche se non ne sapeva realmente dare spiegazione. Si sentiva al sicuro, come fra le braccia di sua madre.

“Abbiamo poco tempo per parlare, devi continuare il tuo viaggio.”

Le parlava guardandola con intensità, comunicando non solo con le parole ma con ogni parte di se stesso.

Era una comunicazione che la coinvolgeva interamente, come se ogni atomo del suo corpo fosse cosciente, sia come singolo che come unità.

“So che ti senti confusa, che hai perso tutto ciò che ti dava sicurezza, ma non perderai mai me. Ti sarò sempre accanto qualsiasi cosa accada e se avrai bisogno di me mi avvertirai semplicemente desiderandolo.”

«Ma dove siamo?»

“Ci troviamo nella Sfera Superiore alla tua. Questa è la mia dimora ed io sono il tuo Fetch; io che sono te a metà. Vivo le stesse cose che vivi tu, ma in una forma spiritualizzata: siamo insieme, sempre! Ora fatichi a comprendere le mie parole ed è normale, ma tu Mahina sei benedetta. L’Oltre di cui parlano i testi sacri del tuo popolo è dove mi trovo io ora. È concesso a pochissimi esseri viventi di visitarlo mentre sono ancora incarnati in Terra ma tu hai un compito speciale da portare a termine: porti in grembo il seme della nuova generazione di umani che popolerà il pianeta dopo Atlantide.”

«Io?» chiese la ragazza stupita «Ma se non sono nemmeno un’Iniziata ed anzi, se tornassi ad Atlantide sarei considerata un’Intoccabile rifiutata da tutti.»

“Mahina non posso spiegarti nel dettaglio i disegni superiori che riguardano te ed Atlantide. Ho il permesso di rivelare solo lo stretto indispensabile per permetterti di proseguire il cammino senza timore. Sappi che tutto sta accadendo perché così deve essere e non c’è nulla di sbagliato. Atlantide è giunta al limite dell’apprendimento che riguarda la polarizzazione della razza degli Dei. Non posso spiegarti meglio di così, non hai gli strumenti adeguati per comprendere oltre. Sei stata scelta perché sei un’anima antica che proviene da un passato molto lontano: Lemuria”.

Mahina riconobbe la verità di quelle parole, come se l’averle sentite pronunciare avesse aperto le pagine d’un libro della conoscenza che la riguardava e che poneva fine una volta per tutte ai dubbi che circondavano quell’antica civiltà.

Mentre gli occhi ardenti del suo interlocutore la fissavano seppe che Lemuria era davvero esistita, ricordò le sue innumerevoli incarnazioni in quella civiltà e comprese che ogni atlantideo portava dentro di sé la memoria dell’esperienza lemuriana: era incisa nel Libro della Conoscenza a cui si accedeva solo dopo l’iniziazione ai Grandi Misteri.

“Sì Mahina” il Fetch l’interruppe leggendole il pensiero “tu sei un’Iniziata anche se in modo diverso da come lo sono stati i tuoi genitori. L’iniziazione ti è stata concessa dagli Dei, perché il tuo compito è oltre ciò che il vostro popolo conosce.”

«Non puoi spiegarmi meglio? In che modo mio figlio c’entra in tutto questo? Non riesco a capire.»

“Mio dolce fiore benedetto, ci sono cose che non sai, ma che ti rivelerò ora, anche se ti turberanno. Ricorda, così deve essere… niente accade in Terra che non sia anche il Cielo a volerlo.”

Mahina lo guardò lievemente preoccupata.

“Il figlio che porti in grembo non è stato concepito in modo naturale.”

«Come? Non capisco, io… credevo… Saros mi ha…»

“Hai subito un inganno Mahina: il padre di tuo figlio è Thotme.”

«Thotme? Ma no, non è possibile, non è vero…»

Il Fetch le prese la mano e quel tocco la calmò all’istante. Non ebbe bisogno di fare null’altro perché il cuore di Mahina ricordò che lei stessa prima d’incarnarsi aveva accettato ogni singolo evento della propria vita.

“Sei stata fecondata artificialmente con l’inganno e con la magia. Tuo figlio è il primo germoglio della nuova razza che popolerà la Terra.”

«Non è possibile, come si sono potuti unire due aristocratici di seme diverso? Ci hanno sempre raccontato che non è fattibile, che i nostri corpi sono incompatibili!»

“Come ti ho detto, mia amata gemella, i tempi sono maturi per questo cambiamento e tutto è come deve essere.”

Mahina seppe che aveva ragione, che era nata per un compito preciso, che nulla di quello che stava vivendo era davvero una tragedia.

«Come ti chiami?» gli chiese incuriosita ed ottenendo come risposta una fragorosa risata.

“Io e te siamo un uno, il mio nome è ogni nome che hai avuto e che avrai. Io sono un insieme di note musicali che nessun nome potrebbe mai contenere in un’unica forma. Sono il tuo Fetch ed abbiamo viaggiato insieme per eoni in questo meraviglioso pianeta.”

Mahina si sentì invasa da un amore così potente che sembrò farle esplodere il cuore.

“Voglio che tu sappia un’ultima cosa prima di lasciarci…”

La giovane si sentì morire al pensiero di staccarsi da lui.

“Il tuo nome spirituale, quello che ti permetterà di essere la madre di tuo figlio, è Phale. Sappi che il nome ha una sua vibrazione, è un insieme di note che determina il destino d’un individuo e gli permette di vivere l’esistenza nel modo che lui stesso ha ideato prima dell’incarnazione terrena. Il tuo nuovo nome spirituale è conosciuto solo in Cielo e ti consentirà di comunicare in astrale senza pericolo di essere riconosciuta”.

«Cosa significa, non capisco?»

“Significa che tu sei rinata ad una nuova esistenza. Il nome che avrai e che dovrai usare da oggi in poi ti permetterà di entrare in connessione velocemente con me e anche con la tua stirpe di nascita.”

«Vuoi dire che i Dodici del Tempio sanno tutta la verità?»

“No, anche loro dovranno apprenderla superando alcune prove, ma il vostro legame è importante perché è il loro sangue che ti darà la forza per affrontare ciò che avverrà. Sappi che tu sarai una grande maga un giorno, la più grande di Atlantide, quella che verrà ricordata dalle generazioni future. Sarai la Tredicesima colei che permette il superamento dei limiti.”

Non capiva completamente le parole del Fetch, ma seppe che erano qualcosa di molto importante e che il tempo le avrebbe rivelate nella loro interezza.

Un serie incontrollata di brividi di piacere la riportarono alla realtà ed alla consistenza del proprio corpo nella piccola cambusa di Regina.

Il volto del suo Fetch era scomparso ed aveva lasciato il posto ad una profonda ferita, ad un senso di mancanza che riconobbe come il dolore persistente e senza nome, che ogni uomo avverte costantemente nella vita.

«Oh mio Dio si è ripresa… Lyla mi hai fatta morire dallo spavento! Sembravi morta, continuavi a muovere la testa da una parte all’altra, come una pazza.»

Trascus, Gelkares ed Otre erano davanti a lei con i volti tesi della preoccupazione. Si sentiva frastornata, ma anche completamente appagata tanto che eruppe in una fragorosa risata che colmò di stupore gli amici.

«Oh Dea, se poteste vedere la faccia che avete ora, ah ah ah, siete troppo buffi!»

I tre si guardarono l’un l’altro allibiti.

«È posseduta secondo voi?» chiese Trascus che non conosceva il mondo magico se non per gli esperimenti di Mhanna.

«Non voglio magia dentro alla mia cucina!» Otre intervenne con decisione di fronte a quell’ipotesi che lo faceva sentire insicuro perché troppo distante dalle sue conoscenze. «La getto in mare se è così!»

«Tranquillo Otre stavo scherzando, vero Lyla?» lo tranquillizzò Trascus rassicurato dall’ampio sorriso di beatitudine che vedeva stampato sul volto della ragazza.

«Mi sono addormentata ed ho fatto il sogno più bello della mia vita, non potete nemmeno immaginare!»

Gelkares, che possedeva più conoscenze, intuì che l’amica aveva avuto un’esperienza extrasensoriale simile agli stati di trance che molto spesso aveva visto fra i maghi del Tempio. Si chiese come fosse possibile visto che Mahina non era un’Iniziata e certe cose potevano accadere solo in quello stato. Eppure i sintomi c’erano tutti: l’estasi dipinta in volto, lo sguardo assente, l’energia celestiale quasi palpabile.

«Un sogno? E ci hai fatti preoccupare per uno stupido sogno? Certo che sei proprio strana ragazza mia, sarà meglio bere un goccetto. Non t’invidio Trascus, due di queste con cui condividere un lungo viaggio sono peggio di cento uomini che ti sfidano in battaglia.»

Trascus scoppiò a ridere ed accettò con riconoscenza il boccale d’idromele offerto dal cuoco: vedere la donna che aveva iniziato ad amare persa in uno stato a lui incomprensibile lo aveva gettato nello sconforto e nell’impotenza. Per un attimo aveva temuto di perderla e di non avere più l’occasione di baciare quelle morbide labbra che lo avevano fatto smarrire in un istante eterno.

Comprese che la loro diversità li avrebbe sempre accompagnati e che non avrebbe mai potuto controllare il mondo magico di Mahina.

Non aveva potere in quella dimensione e questa consapevolezza lo fece sentire fragile come non gli era mai capitato nella vita.

«Ragazzi stiamo per attraversare lo Stretto di Eschis ed io devo andare ad aiutare gli altri sul ponte mi raccomando, state calmi, dormite. Fate quello che volete, ma non uscite dal nascondiglio. Non posso farvi da baby-sitter proprio ora!»

Non appena Otre se ne fu andato, distesi dietro alla finta parete, Gelkares incalzò l’amica per avere le risposte che bramava.

«Raccontami tutto! Sei andata in trance, sembravi tua madre durante i riti di veggenza. Ma come è possibile? Nessuno ti ha iniziata a quella pratica.»

Mahina la guardò con una calma che non aveva mai creduto di possedere, era come se una sorella maggiore, più saggia, più consapevole, più preparata di lei, le fosse entrata dentro.

«Sono andata nell’Oltre.» affermò semplicemente, lasciando l’amica a bocca aperta per lo stupore.

«Dove sei andata? Ma è impossibile, dai… Mahina…»

«Nell’Oltre? Cosa sarebbe? Quel famoso posto in cui vanno a morire i vostri saggi?» chiese Trascus con tono canzonatorio.

«Mio figlio è benedetto dagli Dei!» affermò rivolgendosi all’amica.

«Tuo figlio cosa? Ma cosa stai dicendo Mahina?»

Gelkares si bloccò sul posto con gli occhi sbarrati in un’improvvisa comprensione.

«Vuoi dire che sei incinta Mahina? Adesso?»

«Sì, sono incinta.»

«E Saros è il padre di tuo figlio?»

«Non proprio Gelky, non è andata proprio così. Nell’Oltre ho incontrato il mio Fetch… sì, proprio quello dei racconti dei nostri Libri Sacri.»

Con un rumore sordo Gelkares sprofondò nel giaciglio, ammutolita dallo stupore.

«Non puoi immaginare Gelky, non puoi nemmeno capire cosa significhi guardare negli occhi il tuo Fetch! È qualcosa di così immenso che…» le parole le morirono in bocca sostituite da lacrime estatiche.

«Continua Mahina.»

«No. Io non sono più Mahina, voi da oggi in poi dovrete usare il mio vero nome, quello che è stato forgiato dagli Dei per compiere il mio ed il vostro destino.»

«E quale sarebbe questo nome?» chiese Trascus con scetticismo.

«Mi chiamo Phale!»