14) La scoperta del capitano

Il capitano della nave ESCAPE='HTML'

«È fatta ragazzi, abbiamo appena passato lo Stretto di Eschis; ora ci aspetta una navigazione tranquilla, il vento è a nostro favore!»

L’eccitazione di Otre era contagiosa ed il gruppetto di clandestini si lasciò trasportare dalla sua allegria.

«Pensi che ora che l’equipaggio è più tranquillo ci saranno problemi per noi? Magari c’è il rischio di vederci piombare qualche soldato quaggiù?»

«È assolutamente escluso ragazzo! Per evitare problemi d’ogni genere o zuffe dovute alla noia del viaggio, la nave è stata divisa in settori e la parte dell’equipaggio, dove ci troviamo noi, è divisa da quella dei passeggeri. Il comandante vieta l’accesso a chiunque non sia autorizzato.»

«E per quanto riguarda gli uomini dell’equipaggio?» chiese Phale.

«Tranquilla, ho già messo in chiaro con tutti che nel mio regno non voglio nessuno! Qui dentro il padrone sono io e tutti devono rispettare le mie indicazioni.»

Si riempì il bicchiere d’idromele e lo trangugiò voracemente. Era stupefacente come potesse mantenersi lucido nonostante la grande quantità di alcool che beveva in una giornata. Di notte lo si sentiva russare rumorosamente dalla sua cabina, ma di giorno rimaneva una persona con cui si poteva ragionare. Il suo stato di alcolizzato cronico veniva tradito dal colore rubizzo del volto, dal naso bernoccoluto e da improvvisi moti di collera che il cuoco placava immediatamente riempiendosi nuovamente il bicchiere.

«Credo sia meglio tu vada a riposare ragazza» l’incoraggiò Otre guardandola dritto negli occhi «mi sembri piuttosto affaticata. A proposito, non mi hai ancora detto il tuo nome, lei è Gelky, lui è Trascus e tu?»

Gelkares e Trascus s’irrigidirono a quella domanda, ma Phale rispose senza esitare e senza abbassare lo sguardo.

«Mi chiamo Lyla e spero perdonerai la mia sbadataggine: per l’emozione temo di avere trascurato le buone maniere!»

Il cuoco sembrò soddisfatto della risposta e tornò ad affaccendarsi attorno ai fornelli canticchiando un ritornello.

Trascus l’osservò attentamente per evidenziare un segno che indicasse che era a conoscenza del segreto di Phale, ma non scorse nulla di rilevante. Raggiunse le ragazze nel piccolo spazio a loro dedicato e sottovoce esternò la sua preoccupazione.

«Non so, c’è qualcosa che non mi convince in Otre. Non posso dire di cosa si tratti, ma il mio istinto mi suggerisce di alzare il livello di guardia.»

«Ho notato anch’io che si sofferma molto spesso su di me, ma fino ad ora ho taciuto per non darvi ulteriori preoccupazioni. Pensi che sappia chi sono?» chiese Phale.

«Non è escluso. Nel caso lo sappia dobbiamo capire le sue intenzioni. Ti avrebbe già denunciato a quest’ora e se non l’ha fatto ha qualche motivo che dobbiamo scoprire. Bisognerà che lo segua quando si allontana da qui!»

«Ma sei impazzito? E se ti scoprono?» l’apostrofò Gelkares.

«Non sono così sprovveduto Gelky, so come muovermi e non ci metterò in pericolo inutilmente. Tra l’altro sono solo supposizioni, abbiamo i nervi tesi e potrebbe essere un eccesso di scrupolo.»

S’interruppe pensoso per qualche secondo poi proseguì.

«Non ho ben capito come dovremo chiamarti Mahina… Phale, Lyla? Mi hai un po’ confuso.»

«Chiamatemi Phale, ma davanti a loro il mio nome spirituale non deve in alcun modo trapelare. Se lo sentissero ed arrivasse alle orecchie di Mhanna o Thotme potrebbe essere la fine.»

«Perché?» le chiese.

«Perché il nome d’un uomo permette a chi sta sondando l’astrale di trovarlo in pochissimo tempo. Avendo anche l’immagine precisa della persona diventa ancora più facile, è una via diretta. Un nome differente con diverse frequenze non lascia traccia a meno che non venga evocato perché lo si conosce. Non è qualcosa che si possa fare senza il consenso del mondo spirituale: sono gli Dei che te lo assegnano e ti permettono di essere un nuovo nato. È come avere una nuova identità. Quando una persona comunica in astrale lascia la sua traccia che rimane impressa per sempre, non il contenuto della comunicazione ma la sua presenza. Essendo Phale adesso, anche se qualcuno comunicherà con me in astrale non ci sarà più Mahina, non potranno risalire a me. Il mio Fetch mi ha detto che i maghi della nostra Confraternita dovranno sapere tutto e credo perciò che arriverà il momento in cui comunicheremo con loro.»

«E come faranno a sapere il tuo nuovo nome?»

«Non lo so, non mi è stato detto. So solo che anche loro dovranno superare alcune difficoltà prima di venire a conoscenza della nostra situazione.»

Trascus era affascinato dal mondo della giovane, da una parte ci credeva, ma dall’altra faticava a concepire una realtà invisibile, di cui solo alcuni uomini che venivano chiamati Iniziati, possedevano le chiavi d’accesso. D’altro canto, sapere che in quell’avventura ci fossero delle entità superiori che li proteggevano, lo rassicurava.

«Bene, ma fino a quando saremo nella nave ti chiameremo Lyla, che ne dici?»

«No, solo se siamo con qualcuno che conosce i Neri» intervenne Gelkares «è importante che un nome venga pronunciato spesso perché le vibrazioni prodotte dal quel suono rinforzano il corpo di luce che riveste un individuo. È come un abito senza sostanza, trasparente!» rise di fronte al volto stralunato di Trascus. «Così ci hanno insegnato al Tempio. Quell’abito è il nome di ogni persona e quando si nasce è inconsistente, non ha alcuna personalità perché non viene nutrito dall’energia della parola. Pronunciandolo frequentemente, quell’abito diventa sempre più concreto rivelando le sue caratteristiche prime e permettendo a quell’uomo di viverle.»

«Cioè intendi dire che la vita d’un uomo, come si svolge, è determinata dal suo nome di nascita?»

«Sì, decisamente! Il nome è una specie di alfabeto fatto di suoni» continuò Phale «che interagisce costantemente con le frequenze di quello altrui. Immagina una composizione musicale dove le note sono perfettamente armoniche fra loro. Se tu ti chiamassi in un altro modo, potremmo vederti in modo completamente differente da come ti consideriamo adesso… per esempio le tue frequenze potrebbero entrare in conflitto con le nostre.»

Il nervosismo di Trascus, che era un uomo concreto e d’azione, era evidente: faticava a comprendere pienamente la spiegazione, ma avendo già avuto modo di vedere all’opera le capacità di Phale accettò quelle parole senza controbattere ulteriormente.

«Mi sa che Otre aveva ragione, due di voi insieme rischiano di mandarmi in fumo il cervello.»

Il piccolo locale si riempì delle loro risate ed Otre protestò con vivacità.

«Ehi, ma volete che vi scoprano? Non siete ad una festa, parlate piano e sghignazzate poco!»

I tre soffocarono le risate ed optarono per un silenzioso riposo, ognuno calato nei propri pensieri.

Dopo un’ora lo scatto repentino di Trascus fece sobbalzare le amiche.

«È andato via, era ora! Non muovetevi da qui, vado a vedere che cosa combina Otre.»

S’affacciò con circospezione al di fuori della cambusa e vide la sagoma del cuoco sparire dietro un angolo. Lo seguì di soppiatto e si fermò a guardare al di là dell’angolo che lo nascondeva.

I passi del capitano di Regina risuonarono sordi sulla scaletta d’accesso del ponte superiore. Trascus s’acquattò maggiormente e cercò di captare la conversazione dei due uomini.

«Va tutto bene Otre?»

«Tutto bene capitano, stanno dormendo come bambini. Questa sera metterò dentro i loro pasti un po’ di sonnifero, meno vedono e sentono, meglio è.»

Il cuore di Trascus accelerò i battiti, stavano parlando di loro ed il capitano sapeva della loro presenza.

«Mahina deve essere trattata nel migliore dei modi. Quando Mhanna verrà a sapere che era qui con noi vorrà la nostra testa! Dobbiamo cercare di limitare i danni, agire con cautela e cavalcare l’onda portando la situazione a nostro vantaggio.»

«Penso che l’oro a cui ci porterà Trascus e che io dividerò con voi capitano, sia un grande vantaggio!»

«Dovrei tagliarti gli attributi per la situazione in cui ci hai cacciati, ma convengo con te che se esiste davvero ciò che mi hai detto, la cosa non sia così spiacevole. Il problema sono i Maghi Neri lo sai bene, ma anche i Bianchi potrebbero diventarlo. Sarebbe semplice prendere l’oro ed avvertirli del posto in cui si trova la ragazza, ma i Neri verrebbero in poco tempo a sapere che è stata la nostra nave a trasportarla. Lasciamo che il viaggio prosegua, io garantirò che nessuno metta piede in cambusa. L’importante è che la ragazza non sappia che abbiamo capito chi sia davvero. Gli altri due una volta arrivati all’oro li elimineremo e potremo approfittare dei militari che sono nella nave per far sì che accidentalmente si trovi la ragazza. Un incidente ben congegnato poi, eliminerà anche lei. Non dovranno esserci testimoni che arrivino da Mhanna, altrimenti saremo uomini morti.»

«Puoi giurarci captano e grazie!»

«Non ringraziarmi tanto Otre, deciderò in un secondo tempo come punirti per tutto questo.»

Poi sorridendo aggiunse:

«Anche se forse l’oro mi aiuterà ad essere clemente con la tua zucca vuota!»

Vedendo che si stavano accomiatando l’uno dall’altro, Trascus s’affrettò a tornare in cambusa ed a raggiungere le ragazze.

«E allora? Hai saputo qualcosa?»

Un gesto eloquente della mano le mise a tacere, Otre stava entrando in cambusa in quel momento.

«Ah, siete qui, avete fame? Che ne dite se mangiamo la zuppa? È ormai pronta!» il viso gaudente di Otre s’affacciò dall’accesso al nascondiglio.

«Sei veramente bravo Otre, chi ti ha insegnato a cucinare così?» gli domandò qualche minuto dopo Gelkares divorando la sua porzione di zuppa.

«Mia colombella, sono figlio d’un cuoco e fin da bambino ho dovuto aiutarlo nel suo lavoro in una casa di nobili. Aveva un modo di cucinare molto raffinato, adatto a quell’ambiente ma l’idea di seguire le sue orme in mezzo a quelle femminucce tutte pizzi e frivolezze non mi garbava per nulla. Così eccomi qua, in una nave dove non c’è etichetta, ma dei robusti stomaci che pur apprezzando la buona cucina non si lamentano dei difetti!»

La risata di Trascus suonò così falsa alle orecchie di Phale che si ritrovò a guardarlo sottecchi con curiosità.

«Come farai ad allontanarti dalla nave quando arriveremo a Pir, senza destare sospetti negli altri?»

Il cucchiaio di Otre rimase sospeso nell’aria alla domanda improvvisa di Trascus.

«Ah ah ah, caro ragazzo, io non sono uno schiavo, né un Intoccabile. Posso andare dove voglio e la nave rimarrà ormeggiata nella baia davanti al porticciolo fino a quando il carico di nuovi schiavi non sarà completo. Con una scusa qualunque, anche una semplice passeggiata, mi allontanerò. Quanti giorni ci vorranno per arrivare all’oro?»

«Un paio di giorni circa.»

«Quindi ci vorrà una valida scusa perché il cuoco della nave si possa allontanare… per esempio potrei andare a caccia di selvaggina fresca, no? Nessuno si stupirà e per un paio di giorni saranno i mozzi a cucinare per l’equipaggio, non è certo la prima volta che succede!»

«E ti lasceranno andare da solo?»

«Effettivamente normalmente andiamo in coppia, ma questa volta non sarà così. Sono un ubriacone cari amici, nessuno si stupisce quando mi comporto in modo strano.» concluse ridendo sonoramente.

«Bene, non vedo l’ora di arrivare e di scendere da questa nave, mi sento soffocare, manca l’aria qui sotto!» si lamentò Gelkares.

Otre sembrò preoccupato.

«Stai male colombella?»

«No, non sto male! Mi mancano il cielo, l’aria, il Sole… che strano, non riesco a stare sveglia.» sentì le palpebre calarle sugli occhi come un sipario. «Penso che andrò a fare un sonnellino…»

«Anch’io ho sonno… e tu Lyla?» chiese Trascus guardandola con gli stessi occhi assonnati dell’amica.

Phale osservò stupita gli amici che sembravano cadere dal sonno, ma si offrì di aiutare Otre per riordinare la cambusa.

«Non se ne parla nemmeno! Andate a dormire, per stasera ho voglia d’un po’ di silenzio!»

«Andiamo Lyla, hai sonno anche tu!» l’invitò Trascus con una fermezza che la convinse a reggergli il gioco.

Pochi secondo dopo Gelkares dormiva profondamente in mezzo a loro e Trascus con un cenno della mano l’invitò al silenzio, mimando l’azione del dormire.

«Poi ti spiego tutto…» le sussurrò, chiudendo gli occhi e Phale fece altrettanto.

Dopo qualche minuto Otre s’affacciò dietro la finta parete e vedendo che dormivano si allontanò soddisfatto.

Attesero che uscisse dalla cambusa prima di parlare.

«Sono a conoscenza di tutto! Anche il capitano è informato e sanno chi sei tu. Progettano d’arrivare all’oro e poi farci fuori. Risparmieranno solo te, ma solo per farti cadere nelle mani dei soldati ed ucciderti in un incidente poco dopo. Non vogliono testimoni, gente che possa parlare dell’accaduto od essere sondata da Mhanna!»

Il cuore di Phale perse un colpo, ma fu solo un attimo, una strana calma fredda sembrò impossessarsi di lei.

«Cosa facciamo? Come ci muoviamo?»

«Non lo so ancora, ma ora abbiamo il vantaggio di sapere cosa vogliono fare. Dobbiamo ideare un piano per quando sbarcheremo.»

«Ci seguiranno vero?»

«Credo di sì e non sarà facile far perdere le nostre tracce: il territorio nei pressi di Pir è piuttosto brullo e il nostro passaggio rimarrà visibile. Avremo qualche possibilità quando raggiungeremo la boscaglia. Tu come stai? La gravidanza ti dà problemi? Non ne parli mai.»

«Perché sto benissimo, non credo di essermi mai sentita così colma d’energia. Ho qualche momento di nausea, ma è davvero insignificante.»

«Bene, dobbiamo essere in forza e tendere una trappola ad Otre. Che ne dici di scoprire dove tiene il sonnifero che come vedi, funziona in mezz’oretta?» propose indicando Gelkares che dormiva saporitamente.

«Vuoi dire che le ha dato un sonnifero?»

«Che ci ha dato!» la corresse. «Ho sostituito la mia e la tua scodella. Ne ho lasciata una per verificare se c’era davvero. Ho preferito Gelky a te visto che sei incinta.»

Phale gli fu grata per quella premura e per un attimo i loro sguardi s’incrociarono pericolosamente, ma avvertendo l’energia sensuale crescere in lui s’affrettò a raffreddarla.

«Penso che ora dormirò! Abbiamo entrambi bisogno d’un buon sonno ristoratore. Tanto, a quanto pare, il resto del viaggio sarà una passeggiata.»

L’improvviso irrigidimento di Phale lo gettò nello sconforto, continuava a negare un sentimento che stava crescendo in modo esponenziale. Era decisamente cocciuta e Trascus non sapeva come sfondare il muro che in quei momenti innalzava fra di loro.

«Phale» le chiese «cosa succede? Credo di meritarmi una spiegazione. Qualsiasi sia il tuo problema puoi parlarmene, non ci devono essere segreti fra noi. So che anche tu provi qualcosa per me, non negarlo!» parlava alla schiena di Phale che faceva finta di dormire, ma sapeva che lo stava ascoltando.

Phale si voltò a guardarlo con una tristezza infinita tracciata in volto.

«Non so come dirtelo Trascus… ma… non possiamo davvero.»

«Perché no? Io ti piaccio, tu mi piaci da morire, cos’altro serve?»

La comprensione della cecità emotiva di Trascus la faceva sentire molto più vecchia di lui. Come poteva sapere? I Bianchi avevano una coscienza che era fatta di limiti precisi che non potevano essere superati nemmeno se lo avessero voluto. Vivevano in un recinto fatto di scelte che non erano tali perché delimitate dalla coscienza cristallizzata da migliaia di generazioni.

«Vedi Trascus, io appartengo ai Bianchi di Atlantide e noi siamo diversi da qualsiasi altro mortale.»

«Cosa intendi per diversi? Vuoi dire che io appartengo ad un ceto sociale troppo in basso per te?»

«Ma no, non si tratta di questo. Tu sei l’uomo più bello, pulito ed intelligente che io abbia mai conosciuto. Voi Barbari vivete nella terra di mezzo e siete le vostre decisioni. Noi non siamo come voi e ci sono limiti che non possiamo superare. Per i Neri è la medesima cosa. Loro seguono la via oscura, ma non si tratta di un’opzione, è ciò che sono destinati a vivere dalla nascita. È semmai fin dove si possono spingere, la loro scelta. Noi viviamo nella luce ed in modo speculare, non possiamo prendere decisioni contro coscienza, ci è proprio impossibile.»

«E perché sarebbe sbagliato il nostro amore?» le chiese con una nota di disperazione nella voce.

«Non è sbagliato!» gli rispose con sguardo colmo di compassione. «L’amore non è mai sbagliato ma…» gettò uno sguardo all’amica addormentata e Trascus comprese.

«Ti sei impegnato, le hai promesso un nuovo mondo insieme a te. Io sono venuta dopo e mi avete accolta nonostante le difficoltà che non avreste avuto senza la mia ingombrante presenza.»

«Ma io amo te! Le voglio bene ma voglio te!» sembrava un bambino in quel momento.

«Nessun Bianco potrebbe mai scegliere di ferire il prossimo in favore del proprio interesse. Stiamo parlando della mia migliore amica e credimi, per quanto il mio cuore sia straziato da questa scelta tra noi non potrà mai esserci niente! È semplicemente impossibile, ma non mi aspetto che tu comprenda pienamente le mie parole. Semplicemente no.

La fermezza del rifiuto lo ridusse al silenzio.

“Gli atlantidei, Bianchi o Neri che siano, sono stati in grado di provocarmi le più atroci sofferenze. Mhanna mi ha distrutto come uomo, ma Phale mi sta spaccando il cuore in due e non so cosa sia più doloroso!” pensò.