11.

Il Decimo Distretto

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I due soldati si erano fermati a pochi passi dal cespuglio e furono raggiunti da quello che doveva essere il capo, un uomo dalla folta barba nera ed i bulbi oculari iniettati di sangue.

Il militare strinse a fessura gli occhi per perlustrare la zona e lo sguardo si perse in un punto indefinito all’orizzonte, scavalcando il loro nascondiglio.

«Dove sarà andata?»

«Non ne ho idea, probabilmente si è mescolata fra la gente. Se si tratta della figlia dei Sommi capitano, non avremo difficoltà ad individuarla.»

Nello zaino che abbiamo trovato c’è una medaglietta della Dea Mut: ci sono buone probabilità che si tratti davvero di Mahina. Avrà scelto i tunnel proprio perché è troppo conosciuta per attraversare i Distretti in incognito. In ogni caso allertiamo gli uomini per un monitoraggio stretto del Decimo Distretto: perquisite tutti, compresi gli schiavi e gli Intoccabili! Vai!» ordinò ad uno dei due.

«Tu invece corri ad avvisare Mhanna, informala di quello che abbiamo scoperto! Nel frattempo continuiamo a cercare nei dintorni, non può essere tanto lontana.»

«Cavolo, pensavo non se ne andassero più!» sospirò Gelkares quando finalmente si allontanarono dalla loro portata.

«Dobbiamo inventare qualcosa, non possiamo rimanere qui. Quanto riesci a mantenere l’incantesimo?» chiese Trascus a Mahina.

«Io… beh… non più di cinque minuti, poi perdo energia e rischio di diventare visibile.»

«Pensavo una cosa visto che il problema riguarda te» affermò senza empatia «io e Gelky possiamo camminare fra la gente e raggiungere senza problemi il porto, tu invece non potrai farlo. Hai sentito quello che hanno detto, il travestimento da Intoccabile non ti proteggerà. Facciamo così: entriamo tutti insieme e superiamo la porta della cinta muraria, tu userai l’incantesimo e noi due i permessi, poi ci divideremo e mi aspetterai da qualche parte fino a quando non avrò portato al sicuro Gelky. Nel frattempo cercherò una soluzione adatta per farti attraversare il Distretto in sicurezza.»

«Capisco! Non preoccuparti, faremo come dici.» sussurrò Mahina con un nodo in gola.

«Non devi prenderla come un fatto personale, non si tratta di sentimento, ma di strategia. Vedrai che troveremo una soluzione anche per te, ma per ora non la riesco a vedere; il tuo incantesimo dura troppo poco.»

«Tranquillo, va tutto bene e comprendo le tue parole. Andiamo!» gli rispose con determinazione.

Si avvicinarono all’unico ingresso dell’antica cinta muraria che ospitava al suo interno il Tempio di Boham e la piccola cittadella che era sorta attorno ad esso. L’unica altra entrata od uscita possibile era via mare.

«C’è un esercito lì, non le solite due guardie!»

Trascus osservò il piccolo plotone di militari che sotto l’arco di trionfo di marmo bianco, controllava severamente ogni passante.

«Noi ci mettiamo in fila, ma tu aspetta ad usare l’incantesimo d’invisibilità, quando arriverà il nostro turno ti lasceremo lo spazio necessario per passare in mezzo a noi e precederci!»

«D’accordo, andate!»

Mahina li seguì con lo sguardo mentre attendevano in fila il proprio turno e quando vide che erano ormai prossimi alla perquisizione si rese invisibile e li raggiunse in poche falcate.

Un soldato li perquisì con poca convinzione.

«Lasciali passare, sono le solite nullità!» ordinò al collega preposto allo sbarramento.

Visibilmente annoiato costui, senza nemmeno degnarli d’uno sguardo, aprì la sbarra. La cittadella brulicava di militari che scrutavano, osservavano, cercavano un qualsiasi indizio, ma sembrava che non li ritenessero degni di attenzione.

Trascus si permise di sorridere nuovamente, ma lo fece in modo discreto.

«Ce l’abbiamo fatta, Gelky.» sussurrò «Dove sarà Mahina?»

«Sono qui al tuo fianco!» lo sorprese la ragazza.

«Accidenti, mi devo ancora abituare a questo genere di cose! Cerchiamo un posto in cui nasconderti, cammina al nostro fianco, ma se ci sono problemi toccami la spalla. È meglio non parlare troppo, potremo attirare l’attenzione su di noi.»

«Guarda Trascus»l’interruppe Gelkares continuando a guardare davanti a sé come se nulla fosse «alla nostra destra in quella via.»

Trascus seguì con gli occhi il punto indicato e individuò una costruzione bassa e diroccata che faceva angolo in un vicolo piuttosto sporco ed isolato.

«Cosa dovrei vedere?» le chiese incuriosito.

«Osserva in cima, vicino alla tettoia! Si vede appena, ma mi sembra una scala; se sale fino al tetto potrebbe nascondersi lì, nessuno penserà a cercarla in un posto del genere.»

«Sei un genio Gelky, è perfetto» le rispose la voce di Mahina «vado a vedere se è possibile la cosa, voi aspettatemi qui, magari sedetevi sul muretto dietro di voi. Vi farò un cenno dal tetto se è tutto a posto. Mi verrai a prendere vero Trascus?» gli chiese con un filo di voce.

«Certo che ti verrà a prendere! Non devi temere, è un uomo di parola!» replicò l’amica in sua vece.

«Vai Mahina, non abbiamo tantissimo tempo a disposizione» le ordinò Trascus senza risponderle direttamente.

Si appoggiarono al muretto ed attesero il segnale che arrivò qualche minuto dopo: il viso di Mahina sbucò per una frazione di secondo dal parapetto della tettoia e Gelkares si permise di sorriderle da lontano.

«Forza andiamo al porto, abbiamo poche ore prima che la nave salpi.»

Nonostante il Distretto fosse pieno di militari quasi come in stato d’assedio, nessuno fece caso a loro ed arrivarono a destinazione senza alcun problema.

Imboccarono una squallida via laterale, con le case addossate le une alle altre ed altrettanto trascurate. Dopo qualche metro Trascus bussò ad una porta di legno scrostato.

«Questa è l’abitazione del cuoco della nave, ci aspetterai qui. Non è malaccio come persona anche se a prima vista non ti farà una buona impressione!»

Il cuoco era un uomo di mezza età, con la barba sfatta, l’addome teso e globoso ed un odore da alcolizzato cronico.

Aprì la porta e sorrise con complicità ai nuovi venuti.

«Siete arrivati finalmente, cominciavo a temere che aveste cambiato idea. Accomodatevi, volete un goccetto per ristorarvi? Ma che bella ospite che abbiamo!» Lanciò ripetuti sguardi lascivi a Gelkares che istantaneamente si addossò maggiormente al corpo di Trascus.

«Finiscila Otre!» Così veniva chiamato da tutti a causa del suo vizio. «Non spaventare la mia ragazza!»

«Tranquillo sto solo guardando e non è peccato, vero bambina? A cosa serve la bellezza se non a far godere i nostri occhi?»

Gelkares ricambiò quelle parole con un sorriso poco convinto soprattutto pensando che avrebbe dovuto rimanere sola con lui.

«Otre, devo chiederti un favore» stava intanto dicendo Trascus «c’è un’altra persona che verrà con noi, devo andare a prenderla. Vorrei che nel frattempo ti occupassi di Gelky.»

«Un’altra persona? Non erano questi i patti amico mio! Il prezzo salirà molto, diventerà più difficile nascondervi tutti! O pensi che la dispensa della nave sia un salone da ballo?»

«Hai ragione e per il pagamento non ci sono problemi di alcun tipo, troverai più di quanto potrai portare via… vedrai!»

La rassicurazione di Trascus ebbe il potere d’illuminare gli occhi dell’uomo: era stanco della vita che aveva condotto fino ad allora, voleva comprarsi una bella casa, avere tante donne e godersi il resto dei suoi giorni nel piacere.

«Va bene, ma ricorda che se tra un’ora precisa non sarai qui io me ne andrò senza di te. Ho abbastanza botti vuote per trasportarvi tutti e tre, avrò solo bisogno di più aiuto, ma non sarà un problema: il mio idromele fa gola a tutto l’equipaggio e se lo vogliono devono scendere a patti con me!» concluse ridendo.

«Stai tranquillo per l’oro! Io mi avvio o non riuscirò ad andare a prendere questa persona in tempo.»

«Intanto farò conoscenza con la tua bella amica!» rivolse un ulteriore sguardo impudente alla ragazza che divenne ancora più irrequieta.

«Tranquilla Gelky, abbaia ma non morde; è un buon uomo in realtà.» le sussurrò Trascus all’orecchio.

La ragazza assentì poco convinta.

Trascus uscì di corsa e tornando sui suoi passi cercò, attraverso un’attenta osservazione del territorio, un’ispirazione per risolvere il problema di Mahina.

Era giorno di mercato, le bancarelle erano gremite di persone intente a comprare ed un numero esagerato di militari osservava e perquisiva ogni cosa. La gente era molto incuriosita da tanto zelo, ma non riceveva nessuna spiegazione perché Mhanna aveva dato ordine d’assoluto silenzio.

Trascus raggiunse il nascondiglio di Mahina e si sorprese a sperare che si trovasse ancora sul tetto. Tirò un sospiro di sollievo quando la vide sbucare dall’alto del parapetto; la ragazza gli fece cenno con la mano di attendere.

«Sono qui!» udì poco dopo la sua voce priva di corpo, ma non si sorprese.

«Sei pronta? Abbiamo pochissimo tempo. Ho individuato alcuni punti durante il percorso in cui potrai riposarti dall’incantesimo di occultamento.» l’informò sedendosi sul muretto e coprendosi il viso con le mani per non dare nell’occhio mentre parlava al nulla. «E' pieno di soldati, ma non abbiamo scelta. Seguimi!» le ordinò alzandosi.

«Ci sei?» le chiese poco dopo nel dubbio che si fosse allontanata troppo da lui.

«Certo, ti sto praticamente addosso! Con tutta questa gente ho paura di perderti.»

«Ehi tu, schiavo, fermati!» un militare alto e smilzo lo richiamò con cipiglio severo.

«Sei passato di qui anche prima, dove stai andando? Fammi vedere cosa hai in quella sacca!» gli ordinò strappandogli con sgarbo lo zaino dalle mani.

Trascus tacque e mantenne un basso profilo mentre l’uomo frugava per accertarsi del contenuto.

«Agli schiavi è permesso passeggiare per il mercato adesso?»

«No signore, avete ragione mi sono solo dimenticato il sacchetto di mele nella bancarella dove le avevo comprate. Sono per i miei padroni, se torno senza mi puniranno! Sono già in ritardo.»

«Schiavi buoni a nulla! Ne avevo uno anch’io stupido come te, ma è cambiato a forza di bastonate! Va’ e per oggi cerca di non farti vedere di nuovo da queste parti o ti frusterò io a posto dei tuoi padroni!»

Trascus si fece scudo di quella bassa opinione, guardando il militare con vacuità ed ottenendo in risposta una smorfia di disgusto ed un completo disinteresse che resse il suo gioco e gli permise d’allontanarsi.

«Mahina, dove sei?» chiamò sottovoce.

La ragazza non rispose e per un attimo si sentì disorientato.

«Sono qui, mentre la guardia ti perquisiva sono andata avanti.» lo sorprese poco dopo.

«Hai fatto bene, non me l’aspettavo che si ricordasse di me, non capita mai! Speriamo sia un incidente isolato. Quanto tempo pensi di poter resister ancora con l’incantesimo?»

«Non molto, è tanto lontano il nascondiglio a cui avevi accennato?»

«No, guarda è proprio lì, vedi la statua? Fa angolo con la siepe ed il muro della casa, non ti vedrà nessuno se ti accucci. Io mi siederò nel bordo della statua come se mi stessi riposando e potremo comunicare fra noi.»

Mahina si fiondò nel nascondiglio indicato proprio quando aveva ormai raggiunto il limite della propria forza energetica.

“Come faremo ad arrivare al porto se ho così poca resistenza?” si chiese scoraggiata.

Trascus pensò la stessa cosa e non si sorprese quando la ragazza diede voce alle comuni perplessità.

«Trascus, non credo di farcela fino al porto: è troppo lontano e abbiamo troppo poco tempo.»

«Credo d’avere una soluzione» rispose osservando le bancarelle davanti a loro.

«Aspettami qui, torno subito!»

«Cosa vuoi fare?»

«Torno subito, vedrai… andrà tutto benissimo.»

Si diresse verso una bancarella che esponeva oggetti femminili di vario genere. Appese ai ferri dell’impalcatura facevano bella mostra parrucche d’ogni forma e colore e Trascus individuò subito una massa di capelli lunghi e corvini che faceva al caso loro. Doveva unicamente dribblare il problema del denaro visto che non ne possedeva.

Si avvicinò ad una bancarella di frutta e verdura multicolore poco distante da loro e senza dare nell’occhio inciampò su una pila di cassette colme di mele.

«Stupido schiavo! Guarda cosa hai fatto, le mie mele…» gridò arrabbiatissimo il commerciante vedendole ruzzolare in ogni direzione.

Trascus si era preoccupato di scegliere accuratamente l’angolazione dell’incidente e parte delle mele erano infatti rotolate verso la bancarella che gli interessava. Come previsto tutti i presenti si affrettarono ad aiutare il mercante, compreso il venditore di parrucche che se le vide arrivare fra i piedi. Fu semplice portare a termine il furto, nessuno lo stava guardando e fischiettando divertito, si allontanò dalla scena del crimine.

Raggiunse il nascondiglio di Mahina e senza farsi notare le allungò la parrucca.

«Indossala, è perfetta per te!»

Mahina sorrise a quell’idea, i capelli cortissimi ne rendevano facile l’applicazione ed era così lontana dai colori della figlia dei Sommi che non sarebbe stato semplice identificarla.

Uscì dal nascondiglio sotto gli occhi divertiti di Trascus che sembrava canzonarla per l’imbarazzo che il rossore del volto tradiva.

«Complimenti davvero, il nero ti dona, sei irriconoscibile!» Ridivenne serio quasi all’istante spegnendo ogni emozione dal proprio volto. «Mantieni un profilo basso, non guardare nessuno e cammina in modo tranquillo. In venti minuti se tutto andrà bene, raggiungeremo Gelky! Allontaniamoci da questo posto» l’incitò indicando il punto dell’incidente delle mele «stanno ancora raccogliendole, ma potrebbero accorgersi del furto!»

Le gambe di Mahina erano scosse da un tremito incontrollabile, ma riuscì a mantenere un’andatura accettabile sforzandosi di non dare nell’occhio.

«Tranquilla va tutto bene, nessuno ci sta osservando, siamo invisibili…» s’interruppe vedendo due guardie che avanzavano in fretta verso di loro, probabilmente attirate dall’incidente delle mele.

Fortunatamente non li degnarono d’uno sguardo.

«Acceleriamo!» le ordinò Trascus.

Non ci furono ulteriori problemi e riuscirono a raggiungere in poco tempo l’abitazione di Otre.

«È meglio se ti togli quella parrucca prima di entrare. Otre è un ubriacone che non farà più di tanto caso a te e con i capelli corti non dovrebbe riconoscerti! Si farebbe domande se durante il viaggio ti scoprisse diversa!» le consigliò Trascus e senza attendere risposta gliela tolse e la gettò in un cestino dell’immondizia.

«Ti piace il nome Lyla? Useremo quello per te durante il viaggio… meglio andare sul sicuro.»

Gelkares aprì la porta prima che bussassero e li fece entrare con un sospiro di sollievo, gettando le braccia al collo dell’amica.

«Per fortuna siete arrivati! Otre stava per andarsene senza di noi!»

Quest’ultimo rise bonariamente e guardò la nuova arrivata.

«Un’altra femmina quindi! Due donne ed un uomo… certo che non puoi lamentarti della tua condizione di schiavo!»

Scrutò la nuova arrivata con la stessa lascivia dedicata a Gelkares, ma Mahina era troppo preoccupata che quell’attenta analisi potesse smascherarla per provarne imbarazzo e tenne il viso abbassato.

«Hai parlato di botti in cui nasconderci...» intervenne Trascus per distogliere l’attenzione da lei.

«Sì amico, sono nell’altra stanza, seguitemi!» Aprì la porta che rivelò un deposito di liquori piuttosto ampio con diverse botti allineate le une alle altre.

«Quelle tre vicino alla parete sono vuote, ho praticato dei piccoli fori per permettervi di respirare! Infilatevi dentro ed aspettate il mio ritorno. Io vado, sarò di ritorno in una decina di minuti!»

Indossò la giacca sgualcita appesa all’attaccapanni e li lasciò soli.

«Come avete fatto a superare le guardie? Ho avuto così paura che non tornaste…»

«Ti racconteremo dopo Gelky, non ci vorrà molto tempo prima che Otre torni e voglio accertarmi che tutto sia a posto! Entrate nelle vostre botti!» le incoraggiò.

Soddisfatto del risultato, s’introdusse nella propria e richiuse il coperchio sopra la testa.

Otre arrivò con quattro marinai annunciandosi con un tono di voce squillante.

«Otre me lo dai un goccetto prima di sfruttare i miei muscoli per le tue stupide patate?»

«Le mie stupide patate sono quelle che non ti faranno morire di fame durante la navigazione.» ribattè l’uomo offrendo loro un boccale d’idromele mentre con un’occhiata s’accertava che le botti fossero in ordine.

«Mettiamo nel carro quei tre sacchi di patate e quelle tre botti… queste! Le patate possiamo anche tralasciarle, ma l’idromele è sacro!» sentenziò provocando un accesso d’ilarità nei compagni.

«Accidenti Otre, ma cosa hai messo dentro a questa botte, un bue? Vienimi ad aiutare!»

Le botti arrivarono alla nave senza problemi e nonostante gli scossoni dovuti al trasporto, raggiunsero la dispensa e furono addossate alla parete senza sospetti.

«Otre, dammi un altro goccetto! Fammi provare l’idromele della botte che mi hai fatto trasportare, penso di meritarlo, no?» gli domandò con il fiatone uno degli uomini cercando nel contempo d’aprire la botte in cui era nascosta Mahina.

Otre reagì con violenza, bloccandogli la mano sul nascere.

«Tu non tocchi niente qui dentro, capito? Sei nuovo di questa nave e nessuno te l’ha ancora detto, ma questo è il mio regno e nessuno… dico nessuno… può entrarci senza il mio permesso, né toccare qualcosa! Ci siamo capiti? Chi ha osato infrangere le regole del mio dominio prima di te è finito in pasto agli squali!»

Mahina sentì un attimo di silenzio tombale e poi una risata collettiva di tutti i marinai presenti nella dispensa.

«Dai Otre, dacci da bere che abbiamo ancora un sacco di merce da caricare sulla nave. Ecco bravo… così!»

Otre distribuì diversi boccali d’idromele che gli uomini bevvero avidamente, terminandoli con sonori rutti di soddisfazione.

«Adesso filate che devo mettere a posto anch’io qui dentro, guardate che caos!»

Aspettò che anche l’ultimo di loro se ne fosse andato poi aprì le botti per accertarsi che i clandestini fossero sopravvissuti al trasporto.

«Siete ancora vivi!» li accolse ridendo sonoramente «Rimanete ancora nascosti nelle botti, tra poco si salperà e dovrò aiutare gli altri. Quando tornerò decideremo come farvi passare la crociera.»

«Otre… grazie di tutto!» gli sussurrò Trascus prima che se ne andasse.

«Pensa a quello che mi devi prima di ringraziare, non ti sto facendo un favore! Se non manterrai la promessa ti castrerò e ti farò mangiare i tuoi stessi attributi.»

Detto questo richiuse le botti senza tante cerimonie e lasciò la cambusa.

«È fatta!» esultò Trascus dalla propria botte. «Abbiamo superato la parte più difficile del piano!»