35) La nascita

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Phale urlò terrorizzata quando Saros l’afferrò per le spalle cercando di spingerla verso il portale.

«Nooo… il mio bambino sta per nascere!»

Le contrazioni erano terminate e sentiva un’impellente desiderio di spingere, segno che il parto era ormai giunto alla fase espulsiva.

Non avvertendo più il dolore insopportabile causato dalle contrazioni cercò di contrastare Saros al limite delle proprie forze mentre Mhanna in disparte, si godeva la scena a braccia conserte.

Non potendo ritardare ulteriormente il proprio intervento Trascus si scagliò in avanti giocando l’elemento sorpresa. Riuscì nell’intento e sbilanciò Saros, ma il ragazzo afferrò con una mano l’arto superiore di Phale e l’incatenò a sé.

Trascus era decisamente superiore in forza fisica rispetto all’avversario, fu sufficiente una semplice spinta a braccio teso per condurlo al limite del portale.

Come una bocca vorace la ragnatela luminescente incorporò il giovane a sé, senza possibilità di scampo, ma anche Phale, ancora trattenuta dalla mano di Saros, era ormai nel raggio d’azione della temibile forza magnetica.

In una frazione di secondo Trascus si lanciò su di lei e l’afferrò saldamente per il bacino, ancorando la propria forza sotto le sue ascelle.

La Maga Nera era rimasta a guardare incantata quel caos imprevisto che culminò quando il corpo di Saros venne ridotto a brandelli ed inglobato dal portale.

Come uscendo da uno stato ipnotico, svanita ogni traccia del corpo dell’amante, si voltò furibonda verso i due disperati per affrontarli.

Probabilmente non sarebbe stato necessario fare nulla, la mano di Phale era completamente immersa nella luce magnetica e schizzava impazzita in mille frammenti pur rimanendo agganciata al resto del braccio.

Trascus era ancora più patetico, cercava di contrastare la forza del portale con tutte le sue forze, senza mollare la presa dal corpo della ragazza.

Furono le parole gridate da Phale tuttavia, ad esaltare maggiormente la Maga Nera: la forza magnetica stava infatti producendo un secondo effetto intempestivo.

«Trascus il bambino sta nascendo ora, aiutami!» la voce fremeva di cieco terrore.

Proprio in quel momento un piccolo involucro di carne e sangue uscì dal bacino della giovane e fu immediatamente attratto nell’orbita del portale, ma trattenuto al contempo dal cordone ombelicale che ancorava la placenta all’utero della madre; le due forze contrarie lo mantenevano sospeso a mezz’aria in una furiosa lotta di supremazia.

In un tentativo disperato Phale afferrò il cordone ombelicale con la mano libera, ma con orrore lo scoprì così scivoloso che dovette desistere; anche Trascus era ormai giunto al limite delle forze.

«Cosa credete di fare?» la voce della maga colma d’ilarità, sembrava il sadico accanimento d’un destino già troppo crudele.

Si accostò a Trascus per spingerlo insieme a Phale ed al bambino nelle fauci voraci della luce magnetica.

«Cosa pensi di fare tu!» una voce inconfondibile alle sue spalle la costrinse a fermarsi.

Il Gran Maestro furioso come non mai, la stava divorando con gli occhi a qualche metro di distanza.

Si accorse, da un movimento impercettibile della maga, della sua intenzione di lanciargli un incantesimo e la precedette paralizzandola sul posto.

Soppesò per una frazione di secondo il quadro generale, doveva salvare il figlio, ma la potenza del portale era superiore alle sue forze.

Il neonato piangeva disperato sospeso a mezz’aria ed uno degli arti inferiori era stato inglobato dalla luce magnetica e sembrava volersi spezzare in mille pezzi.

Si unì a Trascus per tentare di strappare madre e figlio dal risucchio di quella forza mostruosa, ma s’accorse quasi subito che si trattava di un’impresa disperata: stavano scivolandoci dentro inesorabilmente.

Un’idea improvvisa lo attraversò come un fulmine.

«Lascio la presa, ma tu continua a tirare con tutte le tue forze!» ordinò.

Si voltò verso Mhanna, la guardò negli occhi ed ella ne intuì le intenzioni senza bisogno di spiegazioni; provò a reagire, ma paralizzata dall’incantesimo, il suo grido si spense in lei.

Il Gran Maestro la raggiunse in un balzo e con una spinta la scagliò verso il portale che come un leone affamato, ne ingoiò il corpo dopo averlo frantumato in mille pezzi.

Proprio come aveva previsto la presa magnetica su Phale ed il bambino diminuì notevolmente ed i due piombarono sopra il torace di Trascus che a sua volta, con un tonfo sordo, cadde di schiena.

Sembrava che i loro problemi non fossero terminati con l’agognata fine di Mhanna: all’improvviso un rombo improvviso annunciò un imminente crollo della volta sopra le loro teste.

Phale completamente stremata, s’aggrappò disperata al figlio proteggendolo con il proprio corpo quando senza preavviso, la luce del portale si espanse minacciosamente verso di loro senza riuscire tuttavia ad avvicinarsi a sufficienza.

La dilatazione fu seguita da un secondo fragoroso boato e da una successiva contrazione che ridusse il portale ad una piccola sfera sospesa nel vuoto.

In un gesto protettivo, guidata da un’improvvisa intuizione, Phale consegnò il bambino in braccio a Trascus un istante prima che il globo scoppiasse in mille frammenti. Cercò di proteggersi il volto, ma un minuscolo granello del portale la colpì al centro della fronte e le fece perdere i sensi.

«Phale tesoro, rispondimi!»

Avvertiva in lontananza la voce disperata di Trascus, ma non aveva voglia di aprire gli occhi, stava troppo bene in quel momento.

«Amore mio pensa al bambino, è qui insieme a noi, è vivo! Non puoi lasciarci proprio adesso!»

Ma certo, suo figlio era nato e non poteva abbandonarlo; aprì gli occhi, ma ciò che vide fu un buio profondo.

«Trascus, non vedo… non vedo più niente!»

Il ragazzo rimase allibito davanti al cambiamento di colore degli occhi di Phale: avevano assunto la medesima tonalità e consistenza della luce magnetica: sembravano un portale in miniatura.

«Ho paura Trascus, cosa sta succedendo?»

«Non preoccuparti amore mio, sei stata ferita da una scheggia impazzita, sono certo che si tratti d’una cosa temporanea.»

Il bambino piangeva disperato e per tentare di distrarla glielo posò in grembo. Sentendo quel corpicino caldo e vitale Phale si rasserenò lievemente.

«È vivo!»

«Sì e sembra stare bene a giudicare da come strilla!»tentò di scherzare.

Thotme nel frattempo, era rimasto ad osservare con stupore la scomparsa dalla faccia della Terra di una porta dimensionale: non aveva mai sentito o studiato nulla del genere.

“Deve essere stato a causa dell’uscita della gamba del bambino e della mano di Phale dalla luce magnetica.” suppose.

Osservò la trasformazione del colore degli occhi di Phale: al centro della fronte si notava una piccola scheggia a forma di mandorla, profondamente incuneata nell’epidermide; era come se il portale fosse entrato in lei. Che cosa avrebbe comportato tutto questo? Avrebbe ritrovato la vista? Nonostante tutta la sua sapienza non aveva risposte.

Anche il bambino era stato danneggiato dalla luce magnetica ad una delle gambe, come del resto la mano della madre. Avevano assunto un intenso colore violaceo striato di bianco; ma anche il quel caso non aveva risposte sulle future conseguenze.

«Sto espellendo anche la placenta, Trascus… aiutami ti prego!»

L’implorazione di Phale lo riportò ai problemi della puerpera che in quel momento stava affrontando il secondamento del parto.

Notando la goffaggine dello schiavo decise d’intervenire e senza proferire parola si slacciò due cordoni dalle scarpe e si accostò alla giovane, inginocchiandosi a terra.

«Non toccarla!» gli intimò Trascus notando il coltello stretto in mano.

«Devo tagliare il cordone ombelicale, ma se preferisci farlo tu ti lascio l’onore.»

«Non so come si fa…» ammise.

«E allora lasciami fare! Se avessi voluto uccidervi l’avrei già fatto, non credi? Questo bambino è importante anche per me!»

Phale intervenne gridando di disperazione.

«Il bambino è mio, tu non lo toccherai!»

Thotme rimase imperturbabile deridendo nel suo intimo la fragilità e l’ignoranza della figlia dei Sommi.

«Stai tranquilla, non ho intenzione di portartelo via! Lo farai crescere dove e come vorrai tu! Metà di lui m’appartiene in ogni caso e tu mia cara, non puoi fare nulla per cambiare questa realtà.»

Anche se le parole del Gran Maestro erano tutt’altro che rassicuranti in quel momento le bastava sapere che il figlio non avrebbe corso ulteriori pericoli e che le sarebbe stato accanto.

Thotme legò in due punti diversi i lacci e recise il cordone ombelicale con un taglio netto. le palpò l’utero e controllò l’integrità della placenta appena espulsa. Si tolse la camicia restando a torso nudo, la strappò in due pezzi e ne utilizzò uno come tampone per la puerpera.

«È tutto a posto, l’utero si sta contraendo e per ora sembra non ci siano rischi emorragici.» parlò rivolgendosi a Trascus. Io ora vado, ma dovrai controllare per le prossime due ore che non aumenti l’intensità del sanguinamento: penso potrai farcela da solo.»

Trascus stava per obiettare, ma fu fermato da un cenno perentorio della mano del Gran Maestro.

«No, non aggiungere nulla! Vi prometto che non ci saranno ostacoli d’alcun genere da parte mia! Vi lascerò la tenda di Mhanna in modo che possiate riposarvi e vi manderò due uomini con una portantina per trasportare madre e figlio fuori da questo posto.»

Trascus era sbalordito, non riusciva a spiegarsi il comportamento dell’uomo più crudele e potente di Atlantide, ma in quel momento era necessario aiutare Phale, quindi preferì tacere.

Il Gran Maestro si voltò ad osservare il bambino e si concesse una carezza al volto paffuto; il pianto che fino ad allora era stato ininterrotto si spense all’improvviso e padre e figlio si guardarono negli occhi proprio come se si comprendessero.

S’alzò da terra e dopo aver dato un’ultima dubbiosa occhiata allo spazio vacante del portale, scomparve come un fantasma, ingoiato dal buio della caverna.

Trascus utilizzò l’altra metà della camicia di Thotme per dare una pulita al piccolo che non appena individuò il seno della madre vi si avventò con ingordigia; ottenendo scarsi risultati si addormentò sfiancato fra le sue braccia.

«Grazie Trascus, se non fossi arrivato…»

«Amore mio non parlare!» l’azzittì baciandola fra le lacrime.

Phale ricambiò il bacio con disperazione ma fu costretta a fermarsi.

«Trascus, non posso… non posso… lo sai!»

«Non è questo il momento adatto per dirtelo… ma… Gelky è morta.»

«No, non è possibile, anche questo, no!» singhiozzò in preda ad una crisi di nervi.

«Stai tranquilla, non è il momento di parlare di questo, ma non potevo non baciarti, ho temuto di perderti e mi è sembrato di rivivere quel giorno… il giorno che morì mio fratello.»

Le lacrime di Phale sembrava non avessero fine di fronte all’ennesima tragedia che era certa, non sarebbe riuscita a superare. Sfiancata nel corpo e nello spirito si lasciò cullare dalle parole dell’uomo che desiderava con tutta se stessa.

«Io ti amo e ti amerò sempre!» le continuava a ripetere in una nenia disperata, tenendo stretti sia lei che il bambino in un unico abbraccio.

Proprio come gli aveva preannunciato Thotme arrivarono due militari con una barella. Senza fiatare vi deposero la puerpera sotto lo sguardo attento di Trascus che rimaneva guardingo nonostante le rassicurazioni del Gran Maestro e si avviarono fuori da quel posto maledetto.

Phale durante il percorso s’addormentò e quando la luce del sole li accolse, a Trascus sembrò di essere uscito dall’inferno.

L’accampamento dei soldati era scomparso, ma era rimasta la tenda di Mhanna ed un carro da trasporto; quattro cavalli pascolavano pacificamente poco lontano.

I due soldati deposero la puerpera nel giaciglio pulito mantenendo un rigoroso silenzio, montarono sui cavalli e svanirono nella boscaglia.

“È davvero finita?” si chiese Trascus. “Mi sembra impossibile!”

Un rumore alle sue spalle lo costrinse a rimettere tutti i sensi in allerta ma udendo la voce di Glog si rilassò e s’aprì in un sorriso di sollievo.

«Glog, amico mio, sei qui! Ce l’hai fatta!»

«Nutrivi dei dubbi? Non ti avevo detto che le mie zampe sono le più potenti del mondo?» scherzò trottando all’interno della tenda.

Si abbracciarono con trasporto e si voltarono ad osservare madre e figlio ancora profondamente addormentati.

«Ce l’hai fatta anche tu!»

«Sì… la strega è morta.»

«Mhanna morta? Dici davvero? Come è accaduto? Mentre scappavo inseguito da tutto l’esercito c’è stato uno squillo di tromba e gli uomini sono tornati all'accampamento. Ci sono rimasto quasi male. Ovviamente li ho seguiti ed è stato allora che ho temuto per voi: ho visto Thotme entrare nella caverna a passo furioso, ma credo tu lo sappia.»

«Sì, se non fosse stato per lui saremmo tutti morti adesso, dentro quella cosa… lo hanno chiamato “portale”.»

«Vi ha salvati il Mago Nero? Incredibile! E cosa significa “portale”?»

«Sì, è stato lui! A quanto pare non dobbiamo più temere nulla, ma ti racconterò meglio dopo. Ora c’è una cosa che mi preoccupa moltissimo!»

«Di cosa si tratta?»

«Phale è stata colpita dai frammenti di quel portale, ne ha uno conficcato in fronte, guarda…» affermò indicandogli il foro a forma di mandorla«...il colore degli occhi non è più il suo, ma la cosa grave e la cecità che ne è conseguita!»

«Vuoi dire che non ci vedrà più?» Glog deglutì per l’orrore.

«Non lo so amico mio, queste cose sono più grandi di noi! È il loro mondo, ma sei più esperto di me in tal senso. Non so cosa le sia accaduto realmente e non sono in grado di dire se si tratti d’una cecità temporanea o permanente!»

«Rimarrò con voi per tutto il tempo che sarà necessario! Adesso riposati, sembri sfinito! Preparerò qualcosa da mangiare, quel Thotme ha lasciato cibo sufficiente per un esercito.»

«Ti ringrazio amico mio, affido le nostre vite alla tua veglia: ho un bisogno disperato di chiudere gli occhi!»

Si addormentò mentre l’ultima parola gli si spegneva fra le labbra.

Il pianto disperato del neonato lo risvegliò, ma quando lo vide fra le braccia di Phale si rilassò e rimase in silenzio a godersi la scena.

Phale cercava di offrire il capezzolo alla bocca del figlio e dopo qualche goffo tentativo il piccolo s’attaccò succhiando con voracità.

La donna che amava aveva qualcosa che non andava alla mano danneggiata dal portale, la teneva a peso morto sul grembo.

«Sei sveglia!» si annunciò all’improvviso, cercando di non far trapelare i propri timori.

Phale si girò verso di lui e lo guardò con due occhi chiarissimi, quasi bianchi, in cui danzavano riflessi multicolori; erano ancora iniettati di sangue e l’effetto era inquietante. Non aveva mai visto niente di simile.

«Non vedo nulla Trascus!» esordì la ragazza con un tono calmo e rassegnato.

«Forse si potrà fare qualcosa, magari è un problema temporaneo.» l’incoraggiò lui.

Phale gli sorrise dolcemente.

«Ci sono cose che intuisci ancora prima di saperle: non vedrò più.» deglutì.

Trascus le si avvicinò e l’abbracciò, ma la stretta fece perdere il capezzolo al neonato che, fremendo d’indignazione, si abbandonò ad un pianto furibondo. Risero entrambi con la testa appoggiata l’uno all’altra.

La tenda si spalancò e Glog fece capolino preoccupato, ma tornò sui suoi passi quando vide che tutto andava bene.

«Come lo chiamerai?»le chiese Trascus a bruciapelo.

«Eleak! Ma sai che si tratta d’un appellativo temporaneo… se davvero è ciò che dicono gli Dei, il nome spirituale sarà un altro.»

«Per carità, non voglio sapere altro del vostro strano mondo!» replicò il giovane schermandosi con le mani.

«Non preoccuparti, non siamo noi che lo assegniamo, viene rivelato dagli Dei e solo al momento opportuno.»

«Significa che potremo goderci qualche anno in tranquillità? Credo che ci meritiamo un po’ di pace dopo tutto quello che è accaduto!»

La strinse con più forza ed aggiunse:

«Pensavi di liberarti di me vero? Siamo una cosa sola, nemmeno i tuoi Dei riusciranno a farmi stare lontano da te. Sarò i tuoi occhi per il resto della nostra vita!»

Phale si sentì inondare il cuore di tenerezza da quella dichiarazione che la faceva sentire amata oltre ogni aspettativa.

«Non sento la mano, è come se fosse morta!» la voce le tremò in gola.

Trascus preferì tacere e non condire la realtà con parole vacue.

Attese che Eleak finisse la sua poppata e lo prese fra le braccia con un senso di tenerezza mai provato prima, gli sembrava di poterlo rompere tanto era fragile.

Gli cambiò le fasce ed osservò con preoccupazione il colorito violaceo dell’arto danneggiato: come la mano di Phale cadeva a peso morto.

Pensò che fosse un bene che Phale non riuscisse a vedere, non era in condizioni d’affrontare anche quel problema.

Passarono cinque giorni in cui madre e figlio ripresero le forze, avvolti dalle amorevoli attenzioni del centauro e di Trascus.

«Sembra che non le sia accaduto nulla, è molto strano.» esordì Glog con preoccupazione.

«Lei è fatta così, si tiene tutto dentro! L’ho già vista comportarsi in questo modo, non mostrerà mai il dolore che sta provando, ma non significa che non ci sia.»

«Stalle vicino Trascus, quella ragazza è un angelo.»

«Puoi giurarci amico mio, nessuno riuscirà ad allontanarmi da lei!» replicò con determinazione.

Glog s’immobilizzò improvvisamente e fiutò l’aria.

«Sta arrivando qualcuno!»

In un balzo agguantarono le armi e si prepararono all’offensiva, ma davanti a loro apparvero Amiroth e Monràh, accompagnati da una carovana di soldati e servitori.

«I Sommi, sono qui!» la voce di Glog trasudava venerazione.

Il corpo di Trascus fu scosso da brividi intensi, l’energia di quelle splendide persone era contagiosa anche a distanza.

Amiroth balzò da cavallo, scendendo davanti a lui, seguito immediatamente dalla compagna e da Rechel.

«Dov’è?» chiesero senza preamboli.

Trascus s’inchinò con reverenza ed indicò la tenda in cui Phale stava riposando.

«Bambina mia!» con un nodo in gola Amiroth si era avvicinato al giaciglio in cui madre e figlio dormivano.

Phale aprì gli occhi al colmo dello stupore.

«Padre sei qui?» lo cercò con le braccia e lo sguardo perso nel vuoto, denunciando così la sua cecità.

Si sentì avvolgere dal posto più amorevole che avesse mai conosciuto.

«Sono qui bambina… sono qui! Ci sono anche tua madre e Rechel!»

Le due donne si fecero avanti e a loro volta l’abbracciarono con amore guardandosi l’un l’altra in silenzio nel constatare le condizioni di salute della ragazza.

«Non ci vedo più.» esordì con semplicità dopo essersi scostata leggermente dall’abbraccio.

«Sappiamo tutto, Thotme ci ha raccontato in astrale ogni cosa e siamo partiti immediatamente! Bambina mia, ci dispiace averti lasciato ad affrontare da sola un problema tanto grande!»

Intervenne Monràh che nel frattempo aveva preso in braccio il nipotino. Eleak era rimasto avvinto come ogni altro essere vivente, dal calore della luce divinizzata emanata da un’Eletta.

«È stupendo questo bimbo, ti assomiglia molto, è biondo come te!»

Sapendo che lei non poteva vedere scoprì il corpicino per verificare le parole di Thotme: era stato davvero danneggiato dalla luce del portale, la gamba sinistra era inerte e violacea.

I Sommi si guardarono silenziosamente, non era mai accaduto che qualcuno uscisse vivo da un portale e neppure loro conoscevano le possibili conseguenze, ma se gli Dei avevano voluto tutto questo, il tempo ne avrebbe rivelato la ragione e gli sviluppi.

Monràh ricoprì con cura il corpicino di Eleak e gli stampò un delicato bacio sulla fronte.

«Pensate che riacquisterò la vista?»

Nessuno fiatò, ma Phale conosceva la risposta ed abbassò la testa con rassegnazione. Fu prontamente abbracciata dal padre.

«Gli Dei non vogliono che vi occupiate di me.»

«Lo sappiamo, ma anche gli Dei capiranno e faranno uno strappo alle loro rigide regole. È vero, noi non possiamo vederti crescere al Tempio, ma nessuno potrà impedirci di venire a trovarti qui, nessuno!» replicò con fermezza la madre.

Phale si sentì scaldare il cuore di fronte a quella parole.

«Domani partiremo tutti insieme per andare dalla persona di cui ti ho parlato. Stasera la contatterò in astrale per annunciarle il nostro arrivo. In qualche modo supereremo tutto questo, non abbiamo indicazioni su come procedere, ma non posso pensare che il disegno degli Dei sia così crudele verso di te! Ci deve essere qualcosa che per ora non vediamo.»

«Potremmo anche tentare di togliere chirurgicamente il frammento che hai in fronte. Abbiamo portato con noi i migliori medici di Keor» intervenne Amiroth «potresti riacquistare la vista, chissà! È una cosa del tutto nuova anche per noi.»

Phale avvertì tutto il calore, la sicurezza e l’amore con cui era cresciuta al Tempio: sarebbe andato tutto bene, ora ne aveva la certezza.

La mattina partirono di buon’ora dopo aver salutato Glog e promesso di ricontrarsi il prima possibile.

Il viaggio verso la casa di Ingherin trascorse serenamente ed anche il tempo contribuì a consolare il piccolo convoglio sferzato ferocemente dalle impervietà della vita.

Quando raggiunsero la radura davanti alla casa della sciamana, la trovarono in attesa sull’uscio.

Gli occhi della Tredicesima Maga del Tempio di Smeraldo furono attratti come una calamita da colei che un giorno avrebbe amato più d’una figlia.