6.

La fuga

Gelkares ESCAPE='HTML'

Gelkares era un’Intoccabile rimasta al servizio di Mahina: suo compito era servire la giovane ragazza in tutte le necessità pratiche.

Anche se la regola di Keor era l’emarginazione degli Intoccabili, Mahina si rifiutava di seguirla e continuava a trattarli come amici.

Riteneva quell’usanza del Tempio una barbarie e non voleva in alcun modo seguirla, nonostante i continui richiami, peraltro piuttosto blandi, dei genitori.

Quella sera Gelkares aveva avuto il permesso al pari di tutti gli Intoccabili di Keor di unirsi ai festeggiamenti, essendo libera dai compiti giornalieri imposti dalla propria condizione sociale.

Si era divertita ed era stata molto corteggiata: il corpo elegante ed armonioso, i lunghi capelli corvini e gli occhi nocciola da cerbiatta erano riusciti a mietere diverse vittime facendole dimenticare, almeno per quella sera, il proprio stato sociale.

Tornò dalla festa a tarda ora ed anche se per quel giorno non era tenuta a farlo andò a dare un’occhiata alla stanza di Mahina per controllare che tutto fosse in ordine.

Si accertò che dormisse e dopo averle posato sul comodino gli asciugamani puliti per il giorno seguente si avviò soddisfatta alla porta per raggiungere la propria stanza nell’ala riservata alla servitù.

Si sentì chiamare da Mahina e si voltò sorpresa.

«Gelky, puoi venire un attimo qui?» Sembrava stesse gemendo e si affrettò a raggiungerla.

Aveva gli occhi gonfi di pianto e l’aria sconvolta.

«Mahina…» le chiese preoccupata «che cosa… che cosa ti è accaduto?»

Mahina le gettò le braccia al collo cercando il conforto che nessuno le aveva ancora dato.

«Una cosa terribile! Aiutami ti prego, non so cosa fare!»

Fra lacrime e singhiozzi espose gli eventi della giornata e Gelkares che a sua volta si era macchiata d’una colpa simile, era la persona più indicata a comprenderla.

Rimase in silenzio continuando ad abbracciarla, consapevole che le proprie parole non avrebbero potuto calmarla.

Era indecisa se coinvolgere o meno l’amica nei progetti che da tempo stava meditando.

«Per me è stato terribile e tu lo sai bene, non ce l’avrei fatta senza il tuo aiuto e la tua presenza. Persino i miei genitori non hanno più voluto avere contatti con me, ormai non li vedo da due anni. Ma per te Mahina? È ancora peggio! Tu sei la figlia dei Sommi, riponevano moltissime speranze in te.»

«Lo so! So benissimo cosa ho fatto e non riesco a farmene una ragione, credimi!»

«Non pensavo che Saros fosse così importante per te.» affermò perplessa.

«Non lo è infatti, non mi capacito di quello che ho fatto eppure è accaduto! Mi vergogno anche solo a pensarci! Come ho potuto?»

Guardava l’amica in cerca d’una risposta che non trovava nemmeno cercando di forzare la volontà verso una qualche bugia di conforto.

Gelkares abbassò lo sguardo a terra immergendosi in una strana riflessione. Sembrava volesse dirle qualcosa e nello stesso tempo si frenava.

Ebbe la meglio la devozione che aveva per l’amica e decise d’includerla nel proprio proposito.

«Devi sapere» cominciò «che è da tempo che sto progettando di riscattarmi da questa vita. Non fraintendermi Mahina, con te sono stata benissimo, ma avere conosciuto la libertà ed averla vista sfumare è qualcosa d’impossibile da reggere nel lungo periodo. Tanti ci riescono, ma io sono diversa, non mi riesco ad adattare.»

Mahina aveva tutta la sua attenzione, si soffiava di tanto in tanto il naso ma era incuriosita da quelle parole.

«Proprio come è accaduto a te ho fatto delle sciocchezze, anch’io non avevo niente in comune con quel ragazzo ed il tempo me lo ha dimostrato. Si è sposato, come sai, con un’Intoccabile e vivono oggi per conto loro nel Sesto Distretto. Però ho conosciuto un uomo…» Tenne in sospeso per qualche secondo le parole fissandola con intensità. «...è uno schiavo che viene dalla Terra dei Barbari a Sud di Atlantide. Proviene da una tribù di guerrieri che ha il dominio di diversi territori laggiù. Abbiamo fatto amicizia, la nostra comune condizione ci ha uniti e ci siamo innamorati. È un ragazzo incredibile e davvero molto bello!»

Il racconto stava coinvolgendo Mahina che si permise un blando sorriso.

«Ha una forza incredibile nonostante le condizioni terribili a cui i Neri lo hanno costretto, tanto che ha ideato un piano per fuggire da Atlantide e tornare al suo villaggio. Vuole che vada con lui e la partenza è fissata per domani!»

Mahina la interruppe incredula.

«Fra i Barbari? Stai scherzando? Vivono ancora senza conoscenza, non hanno nessun tipo di energia se non il fuoco, non hanno mezzi di trasporto, non hanno nulla!»

«Questo è quello che ci hanno raccontato, ma lui mi ha parlato di una realtà diversa! Sì è vero, non possiedono ciò che abbiamo qui ad Atlantide e sembra che vivano come selvaggi, ma la loro cultura deve essere vista da vicino per poter essere compresa. Non hanno conoscenze magiche, ma questo non significa che vivano delle esistenze orribili, hanno case, hanno cibo, hanno famiglie che si amano. Ci sono tantissimi posti diversi ed ogni tribù ha i propri usi e costumi, ma la vita esiste anche lì. Ho deciso di andare con lui!» terminò.

Mahina aveva smesso di piangere completamente assorbita dalla rivelazione.

«Se i Neri lo cattureranno mentre fugge sai benissimo cosa gli faranno.» affermò con pragmatismo.

«Sì, ne siamo consapevoli, ma prima di noi altri sono riusciti nell’impresa. Una volta superato lo Stretto di Eschis senza essere notati saremo in salvo! Abbiamo un piano ben congegnato… potresti venire con noi!» l’invitò esponendole l’idea di partenza. «Trascus si arrabbierà un po’ ma non riesce a negarmi nulla e si calmerà in poco tempo.»

«Certo sarebbe una soluzione che toglierebbe dall’infamia anche i miei genitori. Se non sanno perché me ne sono andata possono pensare a qualsiasi cosa e non sarò costretta a diventare come… oh scusami, non volevo. Mi dispiace!» finì arrossendo d’imbarazzo nell’aver alluso alla condizione d’Intoccabile dell’amica.

«Non preoccuparti, la penso come te ed è proprio per questo che voglio andarmene.»

«Ma come faremo con la magia dei miei genitori? Per non parlare di quella dei Neri, loro non si faranno alcuno scrupolo! Mia madre poi, credo non ci sia nessuno al mondo in grado di divinare come lei.»

«Sì, il problema esiste ed i pericoli sono tanti. Dobbiamo agire subito perché il piano andrà modificato se ti aggiungi a noi.»

Mahina immaginò la sua vita futura al Tempio, la probabile unione con Saros, la delusione dei genitori ed il pensiero fu insopportabile.

«Partiamo!» esclamò decisa. «Comunque vada è meglio di quello che mi aspetterebbe qui. E poi ci sei tu» aggiunse con gratitudine «e so che insieme ce la possiamo fare!»

Le due giovani si contemplarono con complicità senza nascondersi il timore che provavano, raccolsero in due zaini qualche oggetto di prima necessità, acqua, cibo e coperte.

«Ti conoscono tutti ad Atlantide» sentenziò Gelkares guardando dubbiosa l’amica.

«Dobbiamo renderti meno visibile… è meglio se indossi una delle mie vesti grigie, nessuno ti noterà pensandoti Intoccabile.»

Mahina concordò con l’osservazione dell’amica e dopo essersi cambiata d’abito scrisse un messaggio alla madre per comunicarle che si sarebbe assentata per un paio di giorni per andare da Pietra, una delle amiche con cui avrebbe dovuto condividere l’iniziazione di lì a due anni.

Non era un evento inusuale e Mahina sapeva che non avrebbe destato sospetti. Lasciò una seconda missiva, in cui spiegava il suo gesto sebbene in modo incompleto, nascondendola nel diario personale: sapeva che una volta scoperta la sua assenza sarebbe stato il primo posto in cui sarebbero andati a guardare.

Partirono subito dopo, era notte fonda, ma le due Lune illuminavano l’oscurità con la loro luce, rendendo meno incerto il cammino.

Le strade erano deserte dopo i bagordi dei festeggiamenti, ma anche se ci fosse stato qualcuno gli abiti degli Intoccabili costituivano una formidabile protezione: nessuno le avrebbe guardate, erano invisibili per il mondo circostante. Camminarono con i cappucci alzati sulla testa ed immerse ognuna nei propri pensieri; il timore del futuro incerto che le attendeva appesantiva il loro cuore.

La disperazione di Mahina si placava leggermente quando pensava che non avrebbe più dovuto rivedere Saros, un uomo verso cui provava un disgusto profondo.

Arrivate al Sesto Distretto si diressero verso sud, per raggiungere l’abitazione dello schiavo amico di Gelkares.

Era una casupola di mattoni molto vecchia e dimessa, trasudava umidità anche dall’esterno e l’odore d’immondizia ne denunciava la scarsa igiene.

Gli schiavi occupando una posizione sociale inferiore rispetto ai servi, venivano ammassati dai Neri in abitazioni simili che causavano spesso gravi infezioni collettive che portavano alla morte molti di loro.

Erano ormai le cinque del mattino ed una debole alba iniziava a delinearsi all’orizzonte tingendolo d’un rosa sfumato.

Gelkares bussò delicatamente alla porta per evitare di attirare l’attenzione ma non ricevendo alcuna risposta ritentò con più decisione; dopo qualche secondo un ragazzo di circa venticinque anni, spettinato e visibilmente assonnato si affacciò all’uscio. 

Trascus ESCAPE='HTML'

Indossava dei calzoni di tela grezza piuttosto sporchi ed a giudicare dalle logore condizioni, costituivano il suo unico abbigliamento.

L’aspetto trasandato tuttavia, non riusciva a nasconderne la bellezza: era alto, con muscoli massicci ed una carnagione color caffelatte. Il volto squadrato illuminato da grandi occhi nocciola era reso ancora più mascolino da una barba appena accennata e da una folta chioma corvina che gli arrivava alle spalle.

«Gelkares, cosa ci fai qui?» le accolse stupito.

«Mi dispiace Trascus, è accaduta una cosa che mi ha costretta ad anticipare il nostro incontro!»

A quelle parole lo schiavo sembrò accorgersi della presenza di un’altra persona; la scrutò con sospetto senza riconoscere in lei la figlia dei Sommi.

Non si era mai interessato all’altra parte di Atlantide, la schiavitù era vietata fra i Bianchi che cercavano di combatterla laddove potevano, ma il territorio dei Neri non era di loro gestione e negli anni non c’era stato modo di farli desistere.

Fra i Bianchi anche gli Intoccabili erano servi a tutti gli effetti, ma venivano pagati e trattati con equità per il loro lavoro.

I Neri non permettevano agli schiavi di entrare a Keor e nei primi tre Distretti per evitare che comprendessero le condizioni a cui li sottoponevano e che potessero in qualche modo essere deviati dalla benevolenza degli abitanti.

«Entrate, non devono vedervi!» le incitò dopo essersi accertato che non ci fossero occhi indiscreti nei paraggi.

Scrutò con attenzione lungo la via, ma non c’era anima viva quindi richiuse la porta alle loro spalle. Si girò ad affrontarle, con i lineamenti del volto tirati a denuncia della sua irritazione.

«Spiegami che sta succedendo!» ordinò.

«È accaduta una cosa… credimi, non potevo fare diversamente. Ti presento Mahina, la figlia dei Sommi di Keor.»

Trascus spalancò gli occhi per la sorpresa e quando realizzò la gravità della situazione esplose.

«Mi auguro… che tu non le abbia detto niente, vero?»

«Aspetta a giudicare Trascus, devo spiegarti…» cercò di calmarlo ma senza effetto.

«Ma sei impazzita? Vuoi farci ammazzare? Lo sapevo… lo sapevo…» aggiunse prendendosi la testa fra le mani e accasciandosi sulla brandina accostata alla parete.

«Non dovevo dirti niente… addirittura la figlia dei Sommi! È finita! Non abbiamo alcuna possibilità adesso. Ma come hai potuto? Ti avevo dato completa fiducia e tu mi porti proprio lei!» inveì indicandola con furia omicida.

Mahina era rimasta pietrificata, il volto infuocato dall’imbarazzo ed un’enorme sensazione di disagio per aver causato una simile esplosione di rabbia contro l’amica.

Gelkares sembrò non curarsi dell’atteggiamento del ragazzo, gli si accostò con tranquillità e gli pose una mano sulla spalla per tranquillizzarlo. Trascus tacque prendendosi ancora una volta la testa fra le mani in un gesto d’impotenza ma rimase ad ascoltarla mentre spiegava più accuratamente.

Con voce calma e melodiosa gli espose la situazione, ma quando finì la storia Trascus si voltò furioso verso Mahina.

«Ma che razza di mostri siete voi Bianchi? Vi reputate i più evoluti di tutta l’umanità, trattate tutti dall’alto in basso e nessuno può avvicinarsi a voi quasi foste degli Dei in terra. Chiamate noi “barbari”, ma permettete che i vostri figli vengano imprigionati da stupide regole prive di senso.»

Intervenne Gelkares in difesa dell’amica che ascoltava impietrita le accuse velenose.

«Non sei giusto con lei, Trascus. Non mi ha mai trattata come dici, mi ha sempre protetta e siamo amiche da sempre. Non ha colpa per le regole del nostro popolo! È una vittima anche lei, esattamente come lo siamo io e te!»

Trascus sembrò calmarsi di fronte a quelle parole che lo facevano entrare in risonanza con il suo stesso destino.

Tra l’altro, riflettè con più calma, non erano stati i Bianchi a sottrarlo alla sua famiglia e non erano stati loro ad abusare di lui in ogni modo. Erano i Neri che trattavano in modo spietato gli schiavi e questo lo aveva imparato negli anni passati ad Atlantide. I Bianchi semmai, peccavano di disinteresse verso le violenze perpetrate verso altri uomini e questo per lui, cresciuto in una tribù in cui la spiritualità era il perno di coesione dei suoi membri, era inconcepibile.

Guardò Mahina pensoso, cercando di trovare soluzioni alternative al piano che aveva ben congegnato da molto tempo.

«Mi dispiace Trascus! Intanto, piacere di conoscerti. Comprendo la tua difficoltà e sono pronta ad andarmene se lo vorrai. Posso trovare altre soluzioni non è necessario che vi sacrifichiate per me. Potrei scappare da Atlantide da sola!» affermò determinata.

Una risata colma di sarcasmo accolse l’ingenuità di quelle parole: se anche fosse riuscita a passare lo Stretto di Eschis non sarebbe potuta sopravvivere nella Terra dei Barbari essendo cresciuta nell’agio ed in un’esistenza priva di grossi problemi.

Mahina continuò imperterrita lanciandogli un’idea:

«È vero potrei essere un intralcio, ma anche una risorsa. Non ho imparato molte cose al Tempio, non sono ancora stata iniziata tuttavia, alcune magie semplici le so fare e potrebbero rivelarsi utili anche per voi due.»

Trascus adesso aveva la sua attenzione e questo incoraggiò la ragazza.

«Non so se ti potrà servire, se riuscirai ad usare questa mia capacità per il tuo piano, ma sono in grado di rendere invisibili le persone. Certo… non per lungo tempo, ma penso che sia una capacità che potrebbe servirti, non credi?» terminò speranzosa.

In condizioni normali le tecniche di magia più evolute non venivano insegnate ai non Iniziati, ma essendo la figlia dei Sommi era stato inevitabile acquisire i rudimenti di base.

Trascus soppesò con cura la nuova rivelazione: effettivamente quella capacità poteva essere utile per superare alcuni scogli che nel piano originario avrebbero messo in pericolo la loro impresa, costringendolo ad una violenza che sarebbe stato meglio evitare.

I tre giovani rimasero a fissarsi per qualche minuto ognuno raccolto nella propria posizione ed alla fine Trascus ruppe il silenzio.

«Bene, accetto di portarti con noi, ma lo faccio unicamente per Gelky. Mi chiedo tuttavia come reagiranno i tuoi genitori quando sapranno che sei scomparsa, dicono siano molto potenti.»

«È vero lo sono, ma abbiamo due giorni di tempo per distanziarci da Keor, più lontani ci troviamo meno possibilità hanno d’individuarci se usiamo la tecnica di schermatura. Il problema vero sono i Neri, ma questo lo avevate anche prima del mio coinvolgimento. Loro sì che sono pericolosi! Dovremo passare attraverso il loro territorio ed immagino tu abbia calcolato l’imponente sorveglianza dell’esercito nei Distretti che governano. Nessuno può entrare od uscire senza essere visto. Come pensavate di fare?»

Trascus guardò Gelkares in cerca di consenso e la ragazza l’invitò ad esporre il piano.

«È da molto che osservo i flussi delle mercanzie che entrano ed escono da Atlantide. La nostra unica speranza è introdurci in una delle navi adibite al trasporto di schiavi.»

Mahina spalancò sorpresa gli occhi.

«Ma come faremo, ci vedranno e perché proprio una nave di schiavi?»

«È vero, non sarà semplice, ma ho un amico, un cuoco di una di quelle navi. Partirà domani nella tarda mattina quindi dobbiamo raggiungere la nave prima di allora. Sono rimasto sorpreso di vedere Gelky stamattina, l’aspettavo nel tardo pomeriggio.» affermò gettandole uno sguardo in sbieco. «È disposto ad aiutarci in cambio di oro ed io so dove trovarlo! Ci nasconderà nella dispensa fra i sacchi di farina, ovviamente non sarà un viaggio in prima classe.» concluse.

Mahina soppesò quelle parole e trovò che il piano poteva funzionare.

«Il problema quindi è arrivare alla nave senza essere notati: due Intoccabili e uno schiavo, non sarà facilissimo.»

«Infatti, avevo pensato di rischiare e di raggiungerla in qualche modo, ma ora sei arrivata tu e forse non è così male la tua presenza. Credi di poterci nascondere nel caso incrociassimo qualcuno?»

«Sì o almeno ci proverò. Pensi che il cuoco della nave avrà qualche obiezione per la mia presenza?»

«Puoi star certa che se sapesse chi sei ne avrebbe eccome, nessuno osa mettersi contro i Neri, figurarsi i Bianchi. Ma da adesso in poi tu non sei più la figlia dei Sommi, sei un’Intoccabile qualunque. Non è necessario che sappia chi sei veramente, basta che tu eviti il suo sguardo e tenga un profilo basso. È un ubriacone e questo gioca a nostro vantaggio.»

«Come pensi di attraversare gli ultimi tre Distretti per raggiungere le navi in partenza? Sai bene che ci sono le cinta murate e puoi attraversarle solo con permessi certificati; devi passare attraverso le porte e le guardie sono severissime.»

«È vero» rispose Trascus «infatti ho due permessi contraffatti per me e Gelkares. Tu potresti dribblare le guardie con il tuo incantesimo. Comunque si tratterebbe solo del Decimo Distretto, non ho intenzione di passarli tutti: è pieno di militari lì. Da quando sono al servizio dei nuovi padroni ho più libertà e mi è capitato di dover assistere un tecnomago durante una riparazione ad un posatore guasto. Si era trovato improvvisamente da solo ed aveva bisogno d’aiuto. Quando ho visto i tunnel interdimensionali ho capito che potevamo farcela. Le poche entrate sono protette dalla magia dei Bianchi, ma quando c’è un guasto allora intervengono i tecnici.»

Mahina ascoltava incuriosita e Trascus continuò.

«Basterà provocare un guasto energetico, so già come fare, interromperò il flusso d’energia magnetica provocando un black out in una casa di Neri che viene alimentata dal gruppo di posatori che c’interessa. Chiameranno subito i tecnomaghi che andranno a verificare il guasto nel tunnel e noi saremo lì quando apriranno il varco. Pensavo di tramortirli» mentì sapendo che l’intenzione era ucciderli «ma se hai davvero le capacità che dici non ne avremo bisogno. Se non sapranno che ci troviamo lì avremo più tempo e libertà d’azione.»

«Entrare nei tunnel?» chiese Mahina stupita «nessuno può entrarci a parte i tecnomaghi! Dicono che ci si possa perdere perché l’energia dei posatori per quanto schermata dalle condutture fa perdere il senso dell’orientamento. Nemmeno gli Iniziati hanno il permesso di entrarvi perché è necessaria una specifica preparazione.»

«Non credere, ho osservato il tecnomago, il suo modo di orientarsi e mi sono accorto che nonostante la rete di gallerie si dirami in tante direzioni lui seguiva un percorso stabilito. L’ho guardato attentamente ed ho notato, quando siamo giunti ad una specie di rotonda che si apriva in tantissime diramazioni, che ha fissato uno strano segno inciso sulla parete. Non era molto grande, ma gli si è avvicinato come ad avere una conferma e poi ha imboccato quella via.»

«E il discorso della perdita d’orientamento? Ti è sembrato di stare male lì dentro?»

«Per niente!» affermò con convinzione «direi piuttosto il contrario. Mi sono sentito avvolgere da una sensazione di benessere mai provata prima. So di quello che si dice dei tunnel e sono stato molto attento: sono convinto che sia una leggenda per tenere lontano i curiosi. D’altra parte quella è l’energia della Fonte che voi Bianchi tanto idolatrate per le sue virtù.

«È vero Trascus, ma lo è anche il fatto che avvinarsi all’origine della Fonte sia pericoloso, può davvero condurre alla follia.»

«Dovremo correre il rischio, ma ripeto, io non ho avuto problemi semmai un gran senso di benessere.»

I tre tacquero soppesando il piano fino a quando Trascus interruppe il silenzio.

«I tuoi capelli Mahina… sarebbe meglio tagliarli, ti rendono troppo visibile!

Mahina pensò ai meravigliosi capelli biondi che curava in modo maniacale, ma considerando la situazione le sembrava il minore dei mali.

«Tagliali!» ordinò coraggiosamente all’amica.

«Sei certa?» chiese Gelkares conoscendo il prezzo emotivo di quel sacrificio.

Mahina ripensò a Saros e considerò che la loro perdita non era minimamente paragonabile al destino che l’aspettava con lui.

«Tagliali!» ripeté risoluta.

Trascus procurò delle forbici e ciocca dopo ciocca la chioma fluente della ragazza ricoprì il pavimento di pietra.

Non riuscì a trattenere le lacrime: aveva perso tutto, la famiglia, la casa, il futuro persino i capelli e davanti a lei aveva un destino colmo d'incertezze.

Gelkares le strinse una spalla in segno di comprensione e passò la forbice a Trascus.

«Tagliali anche a me!» lo invitò.

«Cosa? Ma non occorre, nessuno penserà a te, sei un’Intoccabile da molto tempo ormai.»

«Tagliameli!» affermò guardando con un sorriso l’amica «siamo insieme in questa impresa ed insieme faremo tutto!»

Strappò la forbice dalle mani di Trascus e si tagliò la prima ciocca da sola.

«Oh… dammi qua, ragazza senza senno!»

Trascus finì il lavoro ed i capelli neri della giovane ricoprirono come un manto quelli color del grano dell’amica.

«Ora care signore, non crediate che me li tagli anch’io!» scherzò Trascus per sdrammatizzare la situazione.

Le due ragazze risero divertite, per la prima volta.

Erano pronte per la loro nuova vita e sentivano che insieme ce l’avrebbero fatta.