19) Un aiuto misterioso

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Monràh si agitava nel sonno come se stesse affrontando un mostro a tre teste, aveva il volto sudato, i capelli scompigliati e balbettava frasi sconnesse.

Il suo stesso grido disperato la riportò alla realtà e spalancando gli occhi si ritrovò lo sguardo preoccupato di Amiroth ad un palmo dal naso.

«Che succede Monràh?»

Avevano fatto l’amore quella notte, non accadeva spesso, erano insieme da moltissimi anni ed avevano superato da tempo la morsa feroce delle passioni. Sceglievano la condivisione fisica per puro piacere, come quella notte.

«Hai sognato qualcosa di terribile, è da quasi mezz’ora che ti stai agitando.»

La Somma riprese rapidamente il controllo di se stessa e si aggrappò agli occhi dell’amato.

«Si tratta di Mahina… è in pericolo!» affermò senza aggiungere alcun particolare.

«Dobbiamo riunire i Dodici nella Sala del Consiglio. Ho ricevuto un messaggio dalla Dea Mut.»

«Mahina? Cosa le è successo?»

«Ve lo spiegherò nella Sala ma prima devo fare un viaggio in astrale per verificare una cosa… credo… mi sembra impossibile! Non è nemmeno stata iniziata!»

«Spiegati meglio!»

«Non ora amore mio, voglio avere le idee più chiare. Puoi assistermi durante un viaggio in astrale? Devo andare piuttosto lontano.»

Amiroth comprese che era meglio non insistere e nonostante fossero le tre di notte chiamò Dadalo, dandogli istruzioni per la riunione dei Dodici.

Si fecero entrambi una doccia per purificare il proprio corpo ed indossarono le vesti bianche dei riti sacri.

La Sala delle Cerimonie era avvolta nell’oscurità quando varcarono la soglia, Amiroth si preoccupò di accendere le torce di luce magnetica appese alle pareti e Monràh s’inchinò raccogliendosi in preghiera davanti alla statua della Dea Mut.

Poco dopo avvertì al suo fianco la presenza del compagno che si unì a lei per creare il ponte di fede necessario per il collegamento con gli Dei.

Si posero entrambi attorno alla fonte ed unirono le mani sopra di essa.

Una scarica d’energia purissima li attraversò prima di proiettare la coscienza della Somma nello spazio astrale.

Si trovò con suo stupore in un luogo senza alcuna consistenza, non le era mai capitato di vedere una cosa del genere. L’atmosfera era brillante, come se fosse illuminata da un astro che peraltro non vedeva.

“Ma dove sono?” si chiese disorientata. Aveva richiesto di vedere il luogo in cui si trovava la figlia e non si aspettava una cosa del genere.

Un ragazzo sui trent’anni si materializzò davanti a lei interrompendo le sue supposizioni.

Per qualche motivo, pur non essendoci alcuna somiglianza reale con la figlia, seppe che lui era lei. Comprese con somma meraviglia che aveva davanti il Fetch della figlia e che si trovavano nell’Oltre.

Le sembrava incredibile, a pochissimi umani era permesso di visitare l’Oltre prima della morte.

Il ragazzo la guardò con occhi gentili e colmi di un amore sconfinato.

“Monràh, mia carissima madre sono felice di vederti qui. Hai sentito la mia chiamata! Mi dispiace si sia manifestata attraverso un sogno spiacevole.”

«Che cosa è accaduto a mia figlia?» chiese senza tergiversare.

“Tua figlia sta bene… noi stiamo bene… ma ci sono alcune cose che è tempo che i Dodici sappiano. Credo tu abbia compreso che stiamo per entrare in una situazione particolare: è stata innescata la causa d’un mutamento epocale.”

«Sì, lo so, ma non abbiamo capito cosa accadrà concretamente! Sappiamo solo che sono in arrivo grandi cambiamenti.»

“Esatto. Questi mutamenti sono collettivi e sono voluti dal Creatore. Tua figlia è il vettore prescelto per innescare la causa che produrrà degli effetti in grado di cambiare completamente le razze che popolano il pianeta.”

Monràh rimase sbalordita, non immaginava che i venti in azione fossero d’una tale portata.

«Cambieranno le razze della Terra?»

“In un certo senso sì. Deve nascere una nuova specie, l’Ariana, che sostituirà la vostra.”

«Vuoi dire che Atlantide scomparirà per sempre?»

“Non propriamente, il termine esatto è trasformazione. La razza atlantidea si trasformerà nella stirpe ariana.”

Era una notizia scioccante persino per lei. A quel punto aveva paura di porre ulteriori domande ma non aveva scelta.

«Sei il Fetch di mia figlia, vero?»

“Certo!” le rispose allargandosi in un ampio sorriso luminoso.

Era incredibile vedere materializzato davanti a sé qualcosa che fino a quel momento era stata solo una teoria.

Se tu sei il suo Fetch significa che non siamo nel piano astrale. Ci troviamo in quello spirituale, eterico...o sbaglio?»

“Non sbagli cara madre! Qui siamo nel piano superiore o perlomeno in una piccolissima porzione di esso, creata appositamente per permetterti di visitarlo. Non saresti riuscita ad entrare qui con il tuo corpo terreno e nemmeno con quello in astrale. La conformazione della materia dei piani inferiori si dissolverebbe a contatto diretto con il nostro: siete troppo pesanti ma questo lo sai bene.”

«Sì, infatti mi stupisce tantissimo essere qui. Non credo di avere mai sentito nessuna esperienza in merito.»

“Gli eventi in gioco sono apocalittici e non lo dico per spaventarti. Si tratta davvero di qualcosa d’immenso che è iniziato gra-zie a tua figlia e l’evento eccezionale ha richiesto misure adeguate a quello che dovrà avvenire.”

Monràh tacque, stranamente non riusciva a provare alcuna angoscia nell’apprendere che il loro mondo stava per finire.

“Amata” continuò il ragazzo “tutto andrà come stabilito, non ci sono errori e voi tutti a questo livello avete scelto di partecipare agli eventi che dovranno manifestarsi. Non posso darti ulteriori indicazioni a riguardo altrimenti i meccanismi del gioco perderebbero la loro unicità.”

«Perché sono qui allora?»

“Perché tu sei la Somma, colei che porterà la notizia del cambiamento apocalittico nel vostro piano e so che lo farai nel migliore dei modi. I Bianchi dovranno prepararsi adeguatamente al giorno ancora lontano, che segnerà il passaggio definitivo da una razza all’altra. Ma c’è un altro motivo per cui ti ho condotta davanti a me e riguarda Mahina.”

Sentendo pronunciare il nome dell’amata figlia, Monràh tese le orecchie mettendo da parte ogni altro pensiero.

“In questo momento si trova nella Terra dei Barbari, ma so che lo immaginavi.”

«Sì, in qualche modo lo sapevo… è scappata per un ragazzo di cui si è innamorata? È questo il motivo?»

“No, non si tratta di questo Monràh. Tua figlia se ne è andata perché aspetta un figlio.”

La Somma si sentì gelare il sangue apprendendo dello stato della figlia in un luogo tanto lontano.

“Non preoccuparti sta bene ed il bambino è benedetto. Porta in grembo il figlio della nuova razza, quella che abiterà la Terra per millenni dopo il cambiamento. Capisco che sto dandoti notizie davvero importanti e mi spiace doverlo fare in un modo tanto brutale. In questo momento Mahina ha bisogno di te. Il figlio che porta in grembo è ambito da Mhanna e Thotme.”

Sentendo pronunciare il nome degli antagonisti si spaventò, ma attese con calma di avere ulteriori notizie. Era lì per quel motivo.

“In questo momento Mhanna sa dove si trova anche se non in modo preciso. Tua figlia non ha ricevuto gli insegnamenti magici degli Iniziati ed ha bisogno del vostro aiuto.”

«Dimmi quello che devo fare!» l’incitò Monràh con un moto di disperazione nella voce.

“Sei stata chiamata qui e non nell’astrale per un motivo preciso: a tua figlia, iniziata dal Cielo e non dagli uomini, è stato dato un nome nuovo che lei conosce e che anche tu dovrai sapere per poter comunicare con lei. Il suo nuovo nome è Phale. Dovrete seguirla a distanza, educarla alla magia ed aiutarla a schermarsi dai Neri. Il nuovo nome, fra le altre cose, avendo una dimensione diversa e conosciuta solo da voi per il momento, v’aiuterà.”

«Capisco!»

“C’è un altra cosa importante e so che per voi sarà un grande dolore: il bambino non dovrà crescere ad Atlantide. È importante che contenga le tre parti della vita in se stesso ed anche i Barbari ne fanno parte.”

Il cuore di Monràh ebbe un sussulto nell’apprendere che non avrebbe potuto vivere accanto alla persona che più amava al mondo.

“Vai ora. Riunitevi fra voi a porte chiuse, nessuno al di fuori dei Dodici dovrà venire a conoscenza di queste informazioni. In questo momento è importante aiutare Phale ad uscire dalla situazione che vedrai con i tuoi occhi nella prossima proiezione astrale. Ti catapulterai nel luogo e nel tempo in cui Phale ha bisogno di te.”

Monràh ringraziò il Fetch della figlia e si sentì trasportare nuovamente al proprio livello di coscienza.

Davanti a sé aveva ancora Amiroth che la guardava attento, le mani strette saldamente alle sue.

«Dimmi tutto, ma proprio tutto. Non ti ho mai vista trasfigurata in quel modo durante un viaggio astrale, il tuo corpo brillava, non so spiegarmi meglio.»

«Ti spiegherò velocemente, ma devo avviare un’altra esplorazione, non ho finito!» gli comunicò con determinazione.

Raccontò brevemente quello che gli era stato rivelato dal mondo superiore ed anche Amiroth, per quanto fosse un mago di somma sapienza, rimase turbato.

Proprio come la compagna tuttavia, udendo che la figlia era in pericolo, tenne da parte per un secondo momento le terribili rivelazioni riguardanti il destino di Atlantide.

Si concentrarono nuovamente al di sopra dell’acqua della Fonte che rispose donando loro una scarica potente d’energia.

Monràh fu trasportata all’istante, come preannunciato dal Fetch, nel luogo e nel tempo in cui si trovava la figlia in pericolo.

Quando la visualizzò ebbe un tuffo al cuore: era dimagrita, sporca, vestita con una lacera tunica degli Intoccabili. I meravigliosi capelli di cui andava tanto fiera erano ridotti ad una corta aureola di ricci disordinati.

Stava camminando lungo il sentiero di una collina ed era sola. Non si vedevano ancora i segni fisici della gravidanza, ma lei sapeva che il bambino c’era, ne percepiva la presenza all'interno del suo ventre.

Era spaventata in quel momento e Monràh si accorse che in astrale c’era un’altra entità e che Phale stava cercando di nascondersi.

Schermarsi nell’astrale richiedeva molto più impegno che nel reale e quando Amiroth, che attendeva la compagna nella dimensione terrena, si accorse della richiesta di ulteriore energia, grazie al contatto della mani, gliela fornì immediatamente.

Era importante viaggiare in questo modo, proprio perché non sempre si potevano evitare brutti incontri ed il compagno poteva intervenire nel piano terreno per riportare eventualmente indietro il perlustratore.

Con la nuova energia donata da Amiroth, Monràh non ebbe problemi a schermarsi.

Proprio come gli aveva comunicato il Fetch, era proprio la più pericolosa maga dei Neri che si stava interessando alla figlia.

Diresse allora tutta la propria energia sulla figlia per schermarne la presenza e lasciò la presa solo quando Mhanna fu abbastanza lontana.

Monràh si accorse che Phale stava cercando qualcosa, ma non riuscì a comprendere di cosa si trattasse.

Non poteva leggerle la mente, nessun Bianco lo avrebbe mai fatto, nemmeno a fin di bene: equivaleva ad uno stupro.

Doveva in qualche modo far sapere a sua figlia che lei era lì e che poteva aiutarla ma la ragazza aveva ancora in atto la schermatura contro le invasioni astrali e con piacere constatò che la stava eseguendo alla perfezione.

Avrebbe dovuto attendere il momento opportuno per rivelarsi ma intanto poteva osservare gli eventi.

“Cosa sta cercando?” si chiese Monràh proprio mentre un grosso masso piombò a poca distanza dalla figlia. La seguì dentro allo stretto passaggio che conduceva ad una camera mortuaria e finalmente, vedendo le sacche d’oro, intuì il motivo della ricerca.

“Strano che Phale sia interessata all’oro.” pensò.

Degli schiamazzi all’esterno della grotta annunciarono la presenza di altre persone e le bastò un’occhiata per comprendere la situazione di minaccia che incombeva sulla figlia e sui due ostaggi.

Riconobbe all’istante Gelkares, ma il suo interesse si concentrò sul secondo prigioniero, un ragazzo piuttosto bello nonostante l’aspetto trasandato.

In quel momento stava indicando agli uomini l’ingresso alla caverna.

“Sarà lui il padre del bambino?” si chiese.

Non era il momento di farsi quella domanda, l’aspetto minaccioso degli aguzzini non permetteva distrazioni.

Chiese ulteriore energia al suo tramite terreno e constatò che Phale stava occultando la propria presenza con un incantesimo.

Monràh rimase stupita per la sua abilità: al Tempio avevano accennato a quella pratica più per gioco che per iniziazione, ma lei lo stava attuando in modo perfetto.

I tre uomini e Gelkares erano nel frattempo entrati nella grotta.

«Per mille trichechi monchi» imprecò Otre quando vide le sacche colme d’oro «è tutto vero! Guardi capitano, che meraviglia!»

Aprì le sacche affondando le mani nel tesoro, con gli occhi che scintillavano d’avidità.

«Devo ricredermi su di te ragazzo! Pensavo ci fosse qualche trucco sotto ed invece sei stato sincero!»

«Bene Otre, portiamo fuori l’oro e torniamo alla nave.» l’interruppe con pragmatismo il capitano.

Phale nel frattempo si era portata alle spalle di Trascus ed approfittando del momento di distrazione gli aveva liberato le mani e consegnato il coltello che aveva rubato ad Otre mentre erano all’accampamento.

Cercò di fare la stessa cosa con Gelkares, ma il suo stato emotivo era ridotto ai minimi termini: avvertendo il tocco di Phale gridò spaventata.

Il capitano in una frazione di secondo le puntò la gelida lama al ventre, ma Trascus finse ancora di essere legato e rimase a guardare la scena con espressione stupita.

«Che succede ragazza?» sibilò.

«Niente… io… ho avuto paura senza motivo.»

«Senza motivo non accade niente e farai meglio a raccontarmi qualcosa di più credibile. So perfettamente che voi streghe avete mille risorse e non ho intenzione di lasciarvi campo libero. Vuoi dirmelo con le buone o devo sfregiarti questo bel visino?» la lama del coltello si spostò verso una guancia, accarezzandola come un serpente.

I nervi di Gelkares non erano in grado di reggere la situazione, ma l’intervento tempestivo di Trascus ne impedì il crollo definitivo: con un balzo s’avventò contro il capitano togliendogli il pugnale con una gomitata e nel contempo sbilanciandolo grazie ad una scivolata di gambe.

«Ma bene e come ti sei liberato tu? Scommetto che c’è la tua amichetta qui intorno… sapevo che c’era puzza di magia ma non pensare di potertela cavare! È giunta la tua ora schiavo!»

Si scaraventò furioso su di lui scagliandolo, grazie al potere della spinta propulsiva, contro la parete della caverna. Nonostante il colpo violento Trascus approfittò dell’azione uguale e contraria offerta dalla roccia, per avventarsi a sua volta sull’avversario. Il corpo a corpo durò per diversi minuti, ma il capitano riuscì a piantargli il pugnale su una coscia, facendolo gridare dal dolore.

La ferita sembrò potenziare le forze di Trascus: con un boato di rabbia girò su se stesso estraendo contemporaneamente il pugnale dalla carne e piantandolo al cuore dell’avversario che stramazzò al suolo.

Si girò in una frazione di secondo per individuare Otre: aveva preso Gelkares e gli stava puntando il pugnale alla carotide.

«Ti conviene stare lontano amico! Questa bambina morirà se farai anche un solo passo in avanti. Mi basta premere un po’ più forte!» per fargli capire che non stava scherzando spinse la punta della lama provocando la fuoriuscita di qualche goccia di sangue.

«Ti prego Trascus, fai quello che dice… non voglio morire!» gridò terrorizzata.

«Abbiamo due possibilità» minacciò Trascus non perdendo il contatto con gli occhi dell’avversario «puoi lasciarci andare e tenerti il tuo stupido oro oppure puoi ucciderla ed affrontarmi, rischiando di perdere tutto.»

Otre soppesò quelle parole sapendo che la ragazza rappresentava la sua carta vincente.

«Facciamo così, tu te ne vai ed io mi tengo lei.» rilanciò.

«Non puoi lasciarmi a lui!» intervenne disperata Gelkares.

«Stai zitta!» le intimò Otre.

Fermò il diverbio e strabuzzò gli occhi di fronte a quello che aveva appena preso forma dietro alle spalle di Trascus: dal fondo della caverna lo scheletro del defunto si era animato, le ossa delle braccia alzate in segno di minaccia e le orbite del teschio accese da un fuoco misterioso.

Otre si spaventò a tal punto che lasciò sul posto Gelkares ed invaso da un terrore cieco fuggì dalla caverna come una scheggia impazzita.

Anche Trascus fu preso dal panico, ma quando riportò lo sguardo da Otre allo scheletro s’accorse che era al suo posto, come se non si fosse mai mosso dal suo riposo eterno.

«Phale, sei tu?» la chiamò per confermare il sospetto che si fosse trattato di un’illusione.

«Ci sono sì!» rispose ridendo e togliendosi nel contempo lo schermo di protezione.

Abbraccio Gelkares tenendola fra le braccia e consolandola come poteva.

«Sei piena di sorprese mia dolce ragazza!» le disse sollevato. «Quel trucchetto dove l’hai imparato?»

«Non sono stata io!»

Gli occhi di tutti i presenti caddero sul mucchio d’ossa cercando una risposta che lo scheletro sembrava non volere dare.

«Vuoi dire che tu non c’entri? Che si è mosso da solo?»

«Non dico niente, so solo che io non sono stata!»

«Sarà meglio uscire da questo posto» tagliò corto il ragazzo «non vorrei che il nostro amico si fosse contrariato per l’invasione.»

Uscirono sollevati e godettero del contatto con l’aria aperta.

«Sei ferito Trascus?» chiese Phale osservando la gamba insanguinata.

La domanda ebbe il potere di renderlo cosciente del dolore; fino a quel momento lo aveva tenuto a bada grazie all’eccesso di adrenalina.

«Penso di sì…»

«Fammi vedere… oh cavolo, è una ferita profonda dobbiamo curarla subito!»

«Dobbiamo allontanarci invece! Non credo che Otre rinuncerà all’oro. Prenderà coraggio e verrà a recuperarlo, siatene certe!»

«Hai ragione, ma devo rientrare nella caverna per riprendere lo zaino che ho abbandonato nella fretta… aspettatemi qui. Ho le erbe medicinali lì e tu hai bisogno di cure.»

“Forse è stata la mia preghiera allo Spirito del defunto che ci ha aiutati.” rifletté entrando nella caverna.

Rimase pensierosa per qualche secondo davanti allo scheletro e unendo le mani sotto il mento, lo ringraziò per l’aiuto tempestivo.

«Phale...» si sentì chiamare.

Riconoscendo la madre ebbe un tuffo al cuore.

“Bambina mia sono qui, sono qui con te.”

Sentire quella voce tanto amata ebbe il potere di sciogliere tutto il dolore che aveva tenuto a bada per tanto tempo. Era come se la madre la stesse prendendo fra le braccia per consolarla, per dirle che sarebbe andato tutto bene.

«Madre, sei qui! Sai il mio nome?»

“So molte cose Phale! In questo momento io e tuo padre siamo con te. Devo lasciarti subito, sono in astrale da troppo tempo e rischio di rimanere qui se non esco: ho utilizzato troppa energia ed anche tuo padre si sta scaricando. Ci risentiremo presto! Ricorda, io so il tuo nome!”