25) La prova

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Mhanna e Thales arrivarono alle grotte di Potumis con il sole allo zenit. Erano senza scorta visto che non si trovavano molto lontano dall’accampamento.

«Eccole!»

La Maga Nera rimase qualche istante a contemplare lo scenario che avevano davanti, riandando con la memoria alla prima volta che lo aveva veduto insieme al Gran Maestro.

Le grotte erano tre ed erano incastonate in un complesso a bassa quota di rocce rosate, sovrastate da altopiani di varia forma ed altezza.

Mhanna avanzò agilmente eccitata dalla scoperta del disegno che le Dea le aveva prospettato. Si era vestita adeguatamente con comodi calzoni in pelle e stivali con la suola spessa ed aveva raccolto i lunghissimi capelli corvini in un chignon pratico, ma elaborato.

Thales la seguiva docilmente.

«Le entrate sono tre. La Dea ti ha indicato in quale entrare?» le domandò piazzandocisi davanti.

«Credo lo abbia fatto a modo suo: mi ha indicato una Runa, Algiz.»

«Una Runa? Che sia incisa da qualche parte?»

«Non lo so proprio. Vediamo se riusciamo a decifrare l’indizio.» rispose Mhanna esaminando dettagliatamente le pareti delle entrate.

«Io non vedo assolutamente niente!» si lamentò poco dopo Thales.

«La Dea ama giocare, lo sai bene. Sta a noi scoprire il significato recondito delle sue parole. La funzione prima di di Algiz è quella di dividere, separare…» gli spiegò assorta nella contemplazione delle soglie.

«Il che non c’indica quale delle tre dobbiamo imboccare.»

Un’intuizione improvvisa attraversò la mente di Mhanna, aiutata dai lunghi studi sugli Archetipi condotti durante l’iniziazione.

«Ne sei certo?» due gemme nere e scintillanti incrociarono lo sguardo di Thales.

«M’inchino alla tua sapienza mia signora!» si prostrò in un esagerato inchino canzonatorio.« In materia di Archetipi non ho sufficienti conoscenze, ma confido in un prossimo tuo insegnamento.» non le diede tempo di rispondere perché la baciò con passione.

La maga rispose con ardore, quasi risucchiando l’anima del giovane adepto per un’ultima volta.

«Abbiamo tre entrate, giusto? Quale fra queste ha la funzione di separare l’unità? La seconda, no?»

Thales aggrottò per qualche secondo la fronte e quando comprese il viso si distese in un ampio sorriso.

«Sei un vero genio!» la lusingò.

«Che ne dici se entriamo e vediamo se ho ragione?»

«Vada avanti lei mia signora.»

La Maga Nera varcò con decisione la soglia prescelta che si rivelò un vero gioiello architettonico: le pareti, per lo meno fino al punto in cui venivano illuminate dalla luce che filtrava dall’entrata, mantenevano il delicato colore rosato della roccia di quelle montagne ed il colore degradava fino a scomparire del tutto in un punto oscuro davanti a loro.

«Hai portato la torcia?»

«Eccola!» rispose Thales accendendola e rischiarando il tunnel di parecchi metri. Il terreno scendeva ripido in un lungo tratto e senza esitare Mhanna l’imboccò.

Non le sembrava un luogo così terribile, era una grotta come tante altre e probabilmente a suo tempo aveva avuto ragione a dubitare delle parole del Gran Maestro.

I loro passi risuonarono nel silenzio di quel luogo antico e nonostante l’impervietà del terreno procedettero abbastanza regolarmente. Un’ondata di pipistrelli, disturbata dalla luce e dalla presenza umana, s’alzò in volo sopra le loro teste costringendoli ad abbassarsi fin quasi a terra.

«Brutti schifosi!» si lamentò Thales.

«Non mi dire, il mio amante tempestoso ha paura di qualcosa!» lo canzonò lei.

Thales punto sull’orgoglio stava per rispondere a tono quando un altro stormo di pipistrelli si alzò in volo e li costrinse nuovamente in difesa.

Le risa di Mhanna echeggiarono fra le pareti rocciose e Thales avanzò con sfida davanti a lei per riaffermare l’integrità del proprio ego.

«Non preoccuparti mio amato, ti difenderò io da quei brutti mostri!»

«Se non taci immediatamente ti prendo qui, in questo posto!» scherzò lui altrettanto divertito.

«Non sarebbe un’idea malvagia, ma in questo momento abbiamo ben altre cose di cui occuparci. Magari al ritorno metterò alla prova il tuo coraggio con quei simpatici animaletti!»

La Dea non sceglieva mai a caso i simboli con cui esprimeva i propri oracoli ed Algiz, visto il vero intento per cui si trovavano in quella grotta, era la funzione perfetta per coronare la loro definitiva separazione.

Mhanna fu attraversata per una frazione di secondo da una leggera malinconia, ma durò pochissimo: i vantaggi che avrebbe ricavato dalla morte del suo adepto prediletto non erano paragonabili alle delizie del sesso.

Continuarono ad avanzare lungo il tunnel che si articolò ad un tratto in altre tre direzioni diverse.

«Ancora?» brontolò Thales.

Si sentì avvolto all’improvviso da una spiacevole sensazione di disagio che non riuscì a decifrare.

«Effettivamente è difficile capire che via prendere. Penso che sia sempre Algyz la guida in questo tunnel.» strappò la torcia dalle mani di Thales ed avanzò con risolutezza nell’apertura centrale.

«Credo sia meglio segnare il percorso.» suggerì Mhanna estraendo un gessetto rosso dalla propria bisaccia.

Disegnò divertita la Runa che li stava guidando.

La via che imboccarono entrava ancora più profondamente nel cuore della terra, scendendo di parecchi metri. Il silenzio tombale e lo sforzo del cammino crearono ben presto una sensazione d’irrealtà che in Thales si tradusse in una progressiva oppressione toracica.

Non riusciva a spiegarsi il motivo del malessere che stava provando, non si trovavano in una situazione di pericolo tale, da giustificarla.

Avanzarono per un’altra mezz’ora ed incontrarono un terzo snodo divisorio.

«Fortuna che hai pensato al gesso perché non credo sia facile ricordare tutti i passaggi.»

«Non hai certo una novellina come tua compagna di giochi!» si pavoneggiò. «Ti vedo affaticato, vuoi che ci fermiamo un po’?»

«Quella stanca sembri tu, semmai!» ribatté prontamente. «Le tue guance assumono quella deliziosa intensità solo quando siamo a letto. Quanto dobbiamo ancora avanzare per arrivare a quello che la Dea ti ha promesso? Inizio a sentirmi a disagio…»

Quasi in risposta alla domanda, una flebile luce comparve all’orizzonte, intensificandosi mano a mano che procedevano.

Non erano preparati allo spettacolo che improvviso, si stagliò davanti ai loro occhi.

«È un portale!» il grido eccitato di Mhanna risuonò echeggiando fra le pareti della caverna. «Incredibile, è la prima volta che ne vedo uno!»

«Wow!»

Thales era completamente abbagliato dalla luce che, come un caleidoscopio, sembrava danzare variando continuamente di colore e dando così l’illusione d’un movimento che era solo apparenza.

«Guarda l’arco in cui è incorniciato, è costruito con pietre intagliate da mano umana!» affermò osservandone la mirabile fattura.

«Dicono sia opera dei Lemuriani, ma non credevo che ne avrei mai visto uno. Avevano una sapienza che era ben oltre la nostra portata ed è un onore per noi questo istante. Tu che ne dici Thales?» Mhanna gli lanciò uno sguardo enigmatico, sapendo che era giunto il momento dell’addio.

“Mia Dea, sono qui, sono da te! Sia fatta la tua volontà” pregò in silenzio.

«I portali conducono in altri piani esistenziali o sbaglio?»

«Nessuno è mai tornato per riferire in dettaglio la questione.» gli spiegò attardando l’inevitabile momento. «Gli antichi testi raccontano che il corpo viene disgregato e l’anima suddivisa in tantissime parti che si cercheranno per l’eternità senza mai potersi incontrare. È una sofferenza senza fine.» aggiunse con tranquillità.

«I Lemuriani hanno nascosto alcuni di questi portali in specifici posti del pianeta, ma gli Dei ne tengono celati i siti.»

«Perché la Dea ci ha condotti qui? Cosa pensi dobbiamo fare ora? Non vedo le indicazioni che diceva avremmo trovato per raggiungere Mahina. Cosa c’entra un portale con lei?»

«Non lo so, ma credo lo scopriremo presto. La Dea ci fornirà un segno per permetterci di comprendere.» lo guardò negli occhi avvertendo ogni sua fibra tendersi di fronte all’inevitabile.

Thales ricambiò lo sguardo e percepì un cambiamento fastidioso nella donna che adorava. Non volle dare ascolto al suo intuito.

«Thales vieni qui, forse è questo che voleva dirci la Dea!» si era chinata ad osservare un imprecisato punto ai piedi del portale.

Incuriosito si chinò a sua volta mentre Mhanna gli si portava con maestria alle spalle.

Fu sufficiente una leggera spinta, l’energia del portale lo attirò al suo interno come una calamita e lo lasciò sospeso per diversi secondi nel suo centro, come la tela d’un ragno.

Thales, gli occhi sbarrati dalla sorpresa e dal terrore, urlò senza che la sua voce, assorbita dal magnetismo del portale, emettesse alcun suono. Si sentì tirare ogni cellula del corpo in una miriade di direzioni diverse; una forza prorompente sembrava volerlo fare a brandelli.

Mhanna rimase ad osservare il tremendo spettacolo di morte, insensibile alla richiesta d’aiuto che gli occhi del suo amante imploravano.

Il corpo si sgretolò all’improvviso, dividendosi in una miriade di frammenti di carne cristallizzata che scomparve come pulviscolo.

«Addio amico mio!» lo salutò senza emozione.

«Vedo che ce l’hai fatta! Non ero sicuro che avresti superato la prova!»

Una voce conosciuta alle proprie spalle, la costrinse a voltarsi di soprassalto.

«Thotme?»

Il Gran Maestro la stava osservando a braccia conserte.

«Cosa ci fai qui? Come? Chi ti ha detto…?»

«Calma piccola, risponderò a tutte le tue domande, non agitarti. Devi ancora lavorare sul controllo.»

Mhanna ancora più infuriata per la pacatezza del tono di voce di Thotme sentì il sangue ribollirle d’ira.

«C’entri qualcosa in tutto questo?»

Thotme s’abbandonò ad una risata che risuonò sinistra nel tunnel perdendosi in un eco lontano.

«Mi credi davvero così stupido? Credevi non sapessi dei tuoi intrighi con quell’idiota?»

Mhanna si vergognò per essere stata scoperta dal Gran Maestro e strinse i denti in una morsa di disappunto.

«Non devi preoccuparti, non ti ho mai chiesto di essere onesta, non è certo questo che ti ho insegnato in questi anni. Sei una mia creazione e posso prevedere ogni tua intenzione solo leggendoti negli occhi. Sono stato a guardarvi per un bel po’ in questi mesi e devo dire che mi sono divertito a prendervi in giro.»

«Cosa intendi dire?» schiumò la donna punta sul vivo.

«Ti è piaciuta la mia interpretazione al Tempio? »

Mhanna ripensò a quando Thotme l’aveva offerta in sacrificio a Nebiros e comprese in un lampo.

«Vuoi dire che non era vero, che stavi recitando?»

Thotme le si avvicinò con cautela, consapevole dell’incertezza delle reazioni della sua pupilla, ma Mhanna rimase ferma e si lasciò accarezzare il volto.

«Ovviamente! Rammenti quando mi chiedesti molti anni fa d’insegnarti tutto quello che sapevo ed io accettai?» gli occhi smeraldini dell’uomo l’avevano catturata in una morsa impossibile da spezzare; era l’unico uomo al mondo che aveva il potere di farla sentire fragile, ma non le dispiaceva quella sensazione.

«Nel sogno non è stata la Dea a parlarmi, vero?» gli domandò stizzita.

«Bravissima!»

«Perché? Perché hai voluto che sacrificassi un uomo prezioso come Thalos? Non sei un tipo geloso…»

Thotme scoppiò in una seconda risata che riempì lo spazio circostante con un boato.

«Te l’ho spiegato anche nell’induzione del sogno: una maga del tuo livello non può avere attaccamenti di nessun genere, né alle cose, né alle persone. È questo il segreto del potere, di quello vero che ti permette di fare qualsiasi cosa desideri! Il legame fra te e Thalos era diventato emotivo, non ne eri consapevole, ma ti tenevo sotto osservazione. Ti guardo sempre sai? Che sia vicino a te o lontano, non puoi scappare, sei mia!»

«Ma non potevi ucciderlo tu? Perché l’hai chiesto a me ed in questo modo poi? Farmi venire fino a qui per una cosa che avrei potuto benissimo fare ad Atlantide!»

Thotme si staccò da lei e lasciando che le stesse alle spalle si soffermò a contemplare l’energia in movimento statico del portale.

«Scommetto che stai pensando di spingermi dentro in questo momento?» si voltò verso di lei e la canzonò con gli occhi.

«Basta una spinta in effetti, potrei liberarmi di te in un attimo.»

«Potresti, o forse no.» le rispose enigmatico.

«Dov’è finito Thalos, si è davvero frantumato in tantissimi frammenti come mi raccontasti?»

«Sì, anche il Libro delle Ombre parla di questi portali che spezzettano un uomo in una miriade di parti che si cercheranno senza speranza in tantissimi mondi paralleli; è un supplizio eterno.»

«È terribile!» affermò Mhanna unendosi alla contemplazione di quell’oscurità colma di luce.

«Mi hai chiesto perché proprio qui: volevo che tu conoscessi anche questo, ma ho aspettato che fossi pronta. I portali sono le armi più potenti del mondo e non sono gli Dei che li custodiscono, ma la Confraternita dei Neri.»

«Sarebbe fantastico buttarci dentro i Sommi!» malignò Mhanna.

Il Gran Maestro scoppiò in una nuova fragorosa risata.

«Devo deluderti amica mia. Per i Sommi entrare nel portale non significherebbe quello che invece accade a tutti i comuni mortali, compresi noi due. Un uomo integro nel corpo e nello Spirito, come lo sono loro, verrebbe al contrario proiettato nell’Oltre grazie a questo passaggio.»

«Vuoi dirmi che quando si recano alla montagna di Haturi entrano in un portale come questo?»

«Credo proprio di sì. I Lemuriani utilizzavano questi passaggi per viaggiare indisturbati nelle dimensioni a loro concesse dagli Dei, erano integri di partenza e non potevano in alcun modo venire danneggiati.»

«Capisco! E conosci anche il luogo in cui si trova il portale di Haturi?»

«No, quello non lo conoscono nemmeno i Sommi: sono gli Dei che al momento del trapasso, li guidano. Quello è il portale che corrisponde al cuore della Terra e per noi Neri, che come sai siamo considerati impuri, è inaccessibile. Non riusciremo nemmeno a vederlo anche se ce l’avessimo davanti agli occhi.»

Mhanna si sentì colmare da un caldo sentimento di gratitudine per la condivisione di uno dei segreti più inaccessibili della loro Confraternita.

«Mi dispiace avere dubitato di te!» riconobbe con sincero cordoglio. «Ti ho odiato con tutte le mie forze per il tuo tradimento.»

«L’odio per il maestro è un passaggio che ti ha portato esattamente a questo momento, mia cara.» la strinse a sé con affetto. «Il distacco era necessario per renderti consapevole che anche quando io non ci sarò più, avrai il potere che oggi è mio. È per questo che ti sto preparando. Nemmeno io sono eterno, anche se» aggiunse ridendo «sono piuttosto longevo. Voglio che tu sia il mio successore e dopo aver superato questa prova, ne ho la certezza.»

Mhanna rimase assorta per diversi minuti, le informazioni ricevute erano di una portata così grande che doveva elaborarle.

«Che ne dici se usciamo da qui?» le propose.

Si lasciò guidare dal Gran Maestro senza stupirsi che lui non avesse bisogno dei segni lasciati dal gesso.

«Quindi le informazioni su Mahina non le avremo nemmeno questa volta!» affermò ricordando il motivo per cui si trovava lì.

La risata di Thotme riempì ancora una volta il silenzio della caverna.

«Nonostante tutte le prove che ti ho dato non hai ancora completa fiducia in me.»

«Cosa vuoi dire?»

«So perfettamente dove si trova Mahina, l’ho sempre saputo.»

«Lo sai e non l’hai mai rivelato? Perché?» chiese stupita ed arrabbiata.

«Perché il tuo intento è sbagliato, non è quello che ci aiuterà ad arrivare insieme…» s’interruppe per dare più incisività alle parole «…al Fuoco Sacro.»

«Come fai a saperlo, ho provato in ogni modo a raggiungere quella ragazza, ma sembra svanita nel nulla.»

«C’è un particolare che non hai calcolato.»

«E quale sarebbe?»

«Il figlio che porta in grembo è il mio. Lei non è raggiungibile, ma il bambino sì. A proposito, gode di ottima salute nonostante le fatiche del viaggio e devo dire, gli spaventi che provochi ogni tanto a sua madre.»

Mhanna comprese in un lampo le parole di Thotme.

«Quindi hai un legame diretto col bambino?»

«In qualsiasi momento! Lo sento come se fosse accanto a me, sto già iniziando ad istruirlo se è per questo.»

«Ma se non è ancora nato?»

«Sto istruendo la sua anima che è perfettamente sviluppata a differenza del corpo. Gli impartisco le nozioni di base della magia nera, arte in cui un giorno, sarà abilissimo.»

Mhanna era affascinata dalla nuova prospettiva.

«Dove si trova, dimmi?»

«È un luogo protetto dai Bianchi, una dimensione appena fuori dalla nostra. Amiroth stesso ne ha sigillato l’entrata per proteggere i centauri da noi e dalla caccia degli indigeni.»

«E quindi? Come hai fatto a superare quella barriera? Non dirmi che riesci ad entrare in astrale in posti sigillati dalla magia dei Bianchi.»

«No, sai bene che è impossibile. La ragazza ogni tanto esce, le piace fare il bagno in un lago lì vicino. È in quei momenti che riesco a raggiungere il bambino ed a parlargli come mi piace. Mi risponde sai? Mi riconosce ed è questo che voglio.»

Avevano ormai raggiunto l’uscita e la luce del sole fu un un piacevole cambiamento.

«L’andiamo a prendere?»

«Perché? Lasciamo che porti a termine la gravidanza, prenderemo il bambino quando sarà nato.»