5.

Mhanna la Maga Nera di Atlantide ESCAPE='HTML'

Sete di vendetta

Adagiata sul grande letto d’ottone rivestito di biancheria di seta purpurea Mhanna ammirò il corpo nudo e perfetto del giovane amante mentre riposava le membra affaticate dalla passione.

Thalos era un uomo dalle potenzialità incredibili anche se acerbo nella scultura complessiva; era creta da plasmare accondiscendente all’azione manipolatoria che la maga esercitava su di lui.

Insieme costituivano una squadra a sé stante all’interno del vertice dei Neri ed il loro obiettivo era rovesciare non solo il potere di Thotme, ma anche quello della Confraternita dei Bianchi.

Thalos aprì gli occhi avvertendo il pensiero di Mhanna concentrato in lui.

«Non sei ancora soddisfatta tesoro mio?» La provocò.

«La soddisfazione» rispose baciandolo sul petto glabro «lascia sempre spazi vuoti da colmare, ma in questo momento stavo pensando unicamente alla nostra prossima mossa. Dobbiamo agire su Thotme senza che lui abbia alcun sospetto e questo è uno scoglio difficile… se penso a come mi ha ingannata…»

Il ricordo del momento in cui aveva cominciato ad odiare l’uomo che aveva più amato nella vita, le indurì in una morsa il cuore.

Un tempo l’aveva adorato in modo totalizzante perdonandogli tutto: le ferite spietate che infliggeva ai suoi sentimenti attraverso le innumerevoli donne che entravano ed uscivano dal suo letto, la distanza che frapponeva fra loro quando era concentrato su un progetto, le frasi sprezzanti che le rivolgeva di fronte ad ogni presunto errore.

Ora sapeva che era stata un’assurdità affidarsi ad un uomo tanto egoista, ma in fondo era stato anche un grande insegnante che aveva plasmato la grande Maga Nera temuta ed invidiata da tutti.

Mhanna era un’aristocratica fra le più facoltose della Confraternita e veniva rispettata per la grande determinazione ed astuzia e temuta per la ferocia delle sue azioni.

Gli uomini la corteggiavano attratti dal potere che riusciva a magnetizzare grazie alla propria personalità e nel tempo aveva sviluppato una progressiva insensibilità ai sentimenti che le permetteva di manipolare le cose, le persone e gli avvenimenti a suo piacimento; la sensazione di potere che ne derivava era vicina al delirio d’onnipotenza.

Questo però non riguardava il Gran Maestro, con lui aveva un conto aperto da saldare ed il suo più grande desiderio era riuscire ad annientarlo.

«Stai ripensando al suo inganno?» le chiese Thalos osservandole gli occhi che in quel momento sembravano persi in un labirinto immaginario.

«Non lo dimenticherò mai, non voglio! L’odio che provo per lui è il fuoco che arde e che dà forza ai nostri progetti. Quel giorno mi ha uccisa, ma sono riuscita a risorgere e non cambierei la donna di oggi con quella piccola e fragile dei miei esordi.» gli sorrise con complicità.

Thotme le aveva assicurato che sarebbe stata la sua compagna per la vita, il suo punto d’appoggio nell’eternità e lei aveva creduto a quelle parole a dispetto di tutto.

Era l’unica, le diceva, che conosceva il Libro delle Ombre nella sua interezza ed a suo parere questo segreto costituiva il collante di un’unione altrimenti improbabile.

Mhanna diresse i ricordi al giorno del tradimento del Gran Maestro: si era recata per qualche giorno nella Terra dei Barbari per rinnovare le fila degli schiavi ed era suo compito scegliere i migliori giovani dei villaggi.

Durante il percorso il convoglio militare in cui viaggiava venne attaccato da un gruppo di Barbari ribelli, ma nonostante la loro sconfitta Mhanna fu colpita da una freccia intrisa di veleno.

Per scoraggiare ogni altro tentativo di rivolta l’esercito dei Neri entrò nei villaggi con le teste dei vinti impalate sulle loro stesse lunghe lance.

Il lezzo della carne in putrefazione e la vista di quei crani in decomposizione costituirono un deterrente sufficiente che portò a più miti consigli la ritrosia dei capi dei villaggi. Furono costretti ad assistere alla razzia dei giovani migliori sopportando impotenti le grida disperate delle mogli e delle madri. Gli abitanti dei villaggi sapevano che non avrebbero più rivisto i loro ragazzi e li chiamavano per questo, gli “spiriti perduti”.

Il veleno che Mhanna aveva in circolo aveva continuato la sua azione lenta ma progressiva e la donna nonostante le sapienti cure dei medici dell’esercito peggiorava di giorno in giorno.

Aveva bisogno della magia di Thotme e dell’energia di Atlantide per guarire velocemente. Essendo troppo debole per comunicargli in astrale le proprie condizioni di salute, decise di lasciare la scelta del resto degli schiavi al generale del convoglio e con un piccolo distaccamento tornò a Boham.

Quando arrivò a destinazione Thotme si trovava nella Camera Inferiore del Tempio, luogo a cui solo loro due avevano libero accesso.

A fatica scese la lunga scala a chiocciola che portava nella cripta sotterranea dove l’enorme statua del Dio Nebiros, il Dio degli Inferi, accoglieva gli ospiti.

La magnifica opera scolpita in onice nera era alta più di due metri e due grossi rubini rossi spiccavano nelle orbite oculari, conferendole un aspetto decisamente inquietante.

Numerose candele nere illuminavano il locale rivestito per la sua interezza di lucido marmo corvino e leggiadre volute d’incenso si alzavano dai brucia-profumo sparsi un po’ ovunque.

Thotme stava praticando un rito di magia ed aveva accanto a sé un paffuto bimbo di tre anni, vestito con la tunica bianca dei sacrificati.

Il piccolo era calmo, probabilmente drogato ed osservava con i grandi occhi castani gli strani movimenti del gigante vestito di nero che aveva accanto.

Era un figlio dei Barbari che Mhanna aveva tolto di persona alla madre quando era ancora in fasce; i bambini di quella tenera età venivano rapiti esclusivamente per crescerli in vista di riti di magia nera sacrificale.

La maga sapeva che era meglio non interrompere il Gran Maestro durante il rito e si fermò qualche gradino prima dell’entrata alla Camera, appoggiandosi al muro di pietra ed ascoltando distrattamente le formule d’invocazione.

«A te ricorro grande Dio Nebiros con la mia completa devozione. Con la stessa fiducia che mi hai donato fin dalla mia gioventù, io t’invoco affinché renda manifesto il mio sogno. Grande Nebiros, tu che induci al male ed all’odio, sai che grazie alla tua guida sono diventato potente ed infallibile. In segno della mia gratitudine ti offrirò al momento della vittoria la vita della donna più importante della mia coorte, Mhanna. L’ho cresciuta per te. Oh potente Nebiros, in attesa di quel momento ti offro in segno di gratitudine e fiducia, quest’agnello innocente. Magnifico Nebiros, primo ministro della coorte che brilla nelle tenebre, strumento necessario ed indispensabile per raggiungere la verità, accetta il mio dono.»

Terminata l’invocazione Thotme si raccolse in un’omelia di parole magiche che culminarono nella decapitazione del fanciullo con un taglio netto della spada sacra.

Senza scomporsi iniziò ad intonare il canto magico, dirigendo la voce verso i quattro punti cardinali mentre il sangue del piccolo colava sul pavimento di pietra grezza.

Il rito terminò con un antico incantesimo di protezione necessario a neutralizzare le formidabili forze occulte messe in moto, la cui potenza avrebbe potuto ritorcersi anche contro di lui.

Di fronte alle parole del Gran Maestro Mhanna era rimasta pietrificata, le sembrava che una spada le avesse trafitto il cuore.

Non era la prima volta che assisteva ad un incantesimo di sangue e nemmeno all’uccisione d’un bambino. Nella magia nera era necessario pagare con l’energia del sangue, meglio se innocente, i servigi delle forze occulte. L’energia rilasciata dalla morte d’un bambino era priva di forma e veniva assorbita da colui che ne aveva provocato la dipartita per utilizzarla a proprio piacimento.

Quello che non si sarebbe mai immaginata era il suo tradimento, l’intento di sacrificarla quando invece le aveva promesso la co-reggenza. Era come aver ricevuto uno schiaffo in pieno volto, doloroso ma anche in grado di riportarla alla cruda realtà.

L’odio che ne scaturì la portò nel tempo a meditare scenari sempre diversi che terminavano con la morte impietosa del Gran Maestro.

Non sarebbe stato facile, si trattava di combattere l’uomo più potente al mondo, ma giurò davanti alla statua di Nebiros che avrebbe dedicato l’intera esistenza al compimento della propria vendetta.

Risalì silenziosamente le scale a chiocciola, uscì dal Tempio investita da una tiepida brezza ristoratrice, attraversò incespicando il giardino ornato da siepi ed alberi di limone e raggiunse il proprio alloggio.

Si lasciò cadere sul letto vinta dalla stanchezza, dal veleno che continuava con ferocia a farsi strada nel suo corpo e dalla terribile verità che le aveva impietrito per sempre il cuore.

Chiamò uno schiavo e gli ordinò di avvisare Thotme della sua presenza e delle condizioni di salute precarie in cui si trovava.

Thotme accorse immediatamente al suo capezzale, come previsto, pronto a guarirla con la sua potente magia.

“Certo” pensò Mhanna “devi avere cura della tua offerta, non può accadermi nulla di male prima di avere ottenuto ciò che desideri.”

La Maga Nera rimuginava continuamente gli eventi di quel giorno, li arricchiva con ogni genere di particolari anche non veritieri, pur di mantenere vivo l’odio nella sua anima. 

Thalos Mago Nero ESCAPE='HTML'

Le mani sapienti di Thalos la riportarono alla realtà, la bocca che stuzzicava i capezzoli induriti dal desiderio reclamava la sua attenzione. La donna si aprì al desiderio del ragazzo che attraverso possenti colpi di reni, le fece dimenticare il buio della sua notte interiore.

Il sesso era per lei un modo per scaricare le energie in eccesso e Thalos non si tirava certo indietro, affascinato dalle sue prosperose curve, dalla pelle morbida ed invitante, dall’energia che sembrava catturarlo come fa la tela del ragno con la propria preda.

«È necessario avere un quadro chiaro di quello che sta accadendo nella comunità dei Bianchi. Dobbiamo affrettare i tempi ed instillare il seme del sospetto all’interno del Tempio di Smeraldo. Occorre individuare la persona giusta per indurla a fare ciò che vogliamo, non deve essere di rango troppo alto e nemmeno il contrario. È importante non destare sospetti e fingere che sia tutto casuale. Andiamo nella Sala del Consiglio, immagino si trovino già tutti lì per discutere proprio di questo.» affermò Mhanna mentre si rivestivano.

Si avviarono verso il Tempio di Boham, attraversarono il giardino di limoni ed entrarono dall’ingresso principale.

Come previsto, i maghi erano intenti a discutere fra loro e nessuno si stupì nel vederli accedere nella Sala insieme, la loro relazione non era un segreto.

Thotme non era geloso, aveva sempre lasciato che la sua prediletta si divertisse a proprio piacimento: l’energia sessuale era una carica importante per il corpo umano e non avendo più né l’età, né la voglia per dedicarsi a quest’attività permetteva ad altri uomini di nutrire la sua pupilla.

Sapeva comunque che l’anima di Mhanna gli apparteneva ed era vincolata alla sua in modo indissolubile; si trattava d’un legame oltre il corpo e lui stesso aveva fatto in modo che la donna diventasse totalmente dipendente alla sua volontà.

La Maga Nera dal canto suo, gli lasciava credere ciò che desiderava.

«Mhanna finalmente, vi stavamo aspettando!» Thotme protese un braccio in segno d’accoglienza. «Abbiamo individuato la persona adatta al nostro scopo… Saros ce l’ha indicata come la più appetibile. Si tratta di un’aspirante Iniziata che vive al Tempio, ancora acerba e priva di conoscenze, ma molto amica di Mahina. Tu Mhanna dovrai avvicinarla e prepararla per il suo compito.» ordinò mentre gli occhi dei membri della Confraternita convergevano in quelli della donna.

La Maga Nera attraversò solennemente la sala per raggiungere la propria postazione, scostò i lunghi capelli gettandoli con eleganza dietro alle spalle e dopo aver dato uno sguardo panoramico ad includere i presenti ruppe il proprio silenzio.

«Non sarà un problema, ho già ideato il piano adeguato: all’inizio seminerò solo il seme del sospetto e questo sarà sufficiente a porre l’attenzione della ragazza sullo stato dell’amica…»

«Ovviamente la gravidanza non è ancora manifesta e non lo sarà per un paio di mesi almeno!» l’interruppe Bonis asciugandosi il sudore della fronte con un fazzoletto di cotone. «Possiamo però affrettare i tempi provocando dei malori a Mahina. Potremmo usare un fantoccio di cera o pensate sia troppo visibile?»

Thotme intervenne aggrottando la fronte e sprofondando i propri occhi in quelli felini di Mhanna.

«Penso che una porzione delle tue sia preferibile. Se avessero anche solo il sospetto che dietro i malesseri di Mahina ci sia la magia, il nostro piano potrebbe vacillare. È fondamentale che il bambino cresca fra i Bianchi e la sua purezza non deve in alcun modo essere contestata.»

Mhanna sorrise compiaciuta dalle parole del Maestro: era ritenuta la più esperta nella magia verde.

«Ho già pensato alla pozione più adatta, è una pianta che simula in modo blando i medesimi sintomi d’una gravidanza. Saros potrebbe mescolarla di tanto in tanto alle bevande di Mahina.»

«In ogni caso» intervenne Thotme accentrando l’attenzione «cerchiamo d’agire con ponderatezza, la fretta non è mai amica di programmi ambiziosi. Vada per la pozione, per l’intervento di Saros e per la semina del sospetto in questa amica di Mahina. Per il resto lasciamo che gli eventi maturino naturalmente, ci limiteremo ad osservare e ad aspettare la nascita del primo figlio di sangue aristocratico misto. Provvederò a suo tempo ad abbassare in lui l’energia che deriva dalla nostra razza, la metterò “in sonno” fino all’adolescenza, momento in cui si risveglierà per quello che è: uno di noi.»

Mhanna a queste parole fissò enigmaticamente Thotme tanto che il mago fu costretto a ricambiare lo sguardo.

«C’è qualcosa che vuoi aggiungere, mia cara?» le chiese ironicamente.

«Niente di che Maestro, le tue parole sono per me fonte di grande insegnamento, ti stavo solo ammirando!»

Il Gran Maestro avvertì la nota canzonatoria della risposta e si fermò in silenzio per qualche secondo. Tutti gli sguardi erano puntati su di lui in attesa della reazione.

Thalos intervenne prontamente, fermando all’origine il conflitto.

«In realtà c’è un problema che non abbiamo considerato…»

«Di cosa si tratta?» chiese Bonis appoggiando prontamente l’iniziativa.

«Mahina è piuttosto orgogliosa, potrebbe decidere di non rimanere un’Intoccabile all’interno del Tempio di Smeraldo. Vista la sua mancanza di preparazione iniziatica questo non permetterebbe al bambino di crescere nell’ambiente adatto. Se crescerà in seno ai Bianchi non ci saranno problemi ad avere le informazioni per raggiungere il luogo segreto in cui nascondono la macchina di espansione e le relative formule che ne danno l’accesso… ma se così non fosse…»

Thotme si concentrò su quell’eventualità.

«Credo che sarà un problema che dovremo risolvere se e quando si presenterà. Non penso che Monràh permetterà al nipote di crescere fuori dal Tempio ma in caso contrario decideremo il da farsi al momento opportuno.»

I maghi annuirono all’unisono e continuarono per diverso tempo a perfezionare gli ultimi dettagli del piano.

Uno schiavo interruppe le discussioni annunciando l’arrivo di un ospite.

«Se non è assolutamente indispensabile lascialo aspettare.» ordinò Mhanna piuttosto contrariata.

«Mia signora perdonatemi, non ha voluto sentire ragioni, dice di chiamarsi Saros e mi ha minacciato dicendo che mi avreste tagliato la testa se non vi avessi comunicato la sua presenza.» Tremava visibilmente, conoscendo bene i capricci della Maga.

«Saros? Cosa ci fa qui, è impazzito?» domandò stupita dimenticandosi dello schiavo.

Thotme s’avviò verso il grande portone d’accesso del Tempio trovandosi faccia a faccia con Saros; era in preda ad un visibile stato d’agitazione.

«Che cosa diavolo sei venuto a fare qui? Almeno entra dentro, qui anche i muri hanno orecchie.» tuonò.

«Scusatemi Gran Maestro, ma è accaduta una cosa che dovevo assolutamente farvi sapere.»

Thotme chiuse il portone alle sue spalle ed invitò il giovane a sedersi davanti alla Confraternita.

«Cosa è accaduto di così grave?» domandò Mhanna imperiosamente.

«Non so nemmeno come dirvelo, non me l’aspettavo… è impazzita!»

«Non girare attorno all’argomento ed arriva al nocciolo della questione!» intervenne Thotme palesemente irritato.

«È sparita dal Tempio, la stanno cercando tutti!»

«Cosa intendi con “è sparita”?» domandò Mhanna colta da un’improvvisa agitazione.

«Mahina ha lasciato una lettera ai Sommi e se ne è andata! La stanno cercando da giorni senza alcun risultato.»

«Che cosa ha scritto nella lettera?» chiese Bonis.

«Non penso abbia accennato a me! All’inizio ero preoccupato, non ero pronto ad affrontare la situazione, ma i Sommi mi hanno trattato come sempre. Sembrerebbe che in quella lettera non mi abbia menzionato, ma solo i Dodici conoscono i particolari. So solo che se ne è andata di sua spontanea volontà.» concluse.

Questo improvviso mutare della situazione lasciò i presenti in preda alla confusione, un piano così ben congegnato non poteva andare in fumo a causa d’una ragazzina.

Un silenzio tombale avvolse il Tempio mentre i maghi maturavano la nuova informazione in cerca di possibili soluzioni.

«Mi dispiace…» Saros cercò di parlare.

«Taci!» l’interruppe perentorio Tothme paralizzandolo sul posto «non è momento di aprire bocca.»

Il progetto doveva essere riscritto, ma prima d’ogni altra cosa bisognava trovare la ragazza.