22) Sacrificio

Mhanna e Thalos ESCAPE='HTML'

«È impossibile che siano spariti senza lasciare traccia. Non ha senso!»

Mhanna era furibonda e nell’agitazione continuava a sciupare l’elaborata acconciatura che la giovane schiava le stava cercando di fare.

«Devi stare tranquilla Mhanna, vedrai che li troveremo. Sei satura di potere, non è possibile un fallimento!» Thalos, cercava di calmarla, ma sapeva che quando era in quelle condizioni era meglio lasciarla sfogare.

La Maga Nera s’alzò dal piccolo seggiolino e lanciò la ciotola colma d’idromele che aveva in mano, contro la parete della tenda da campo

Congedò con una mano la schiava che, conoscendo bene l’imprevedibilità della sua signora, fu ben lieta d’allontanarsi.

«Sembra svanita nel nulla… almeno mi ricordassi meglio di quello stupido schiavo, avrei un solido punto d’aggancio per l’astrale! Il ricordo è troppo vago per essere incisivo nella ricerca. Dove diavolo è andata quella sgualdrinella? Non è nemmeno un’Iniziata ed è impossibile che con i suoi deboli poteri possa nascondersi a lungo!»

Lanciò uno sguardo di traverso a Thalos senza però desiderare una vera risposta: qualsiasi cosa avesse detto l’avrebbe fatta infuriare maggiormente ed intuendolo, il giovane preferì tacere in attesa del passare della tempesta. Aveva imparato da Thotme, osservandolo a sua insaputa, il modo in cui maneggiare il carattere di quella difficile donna che riusciva ad accendergli i lombi d’un desiderio senza pari.

In quel momento la trovava divina, gli sembrava d’assistere ad un uragano e sapeva che in un solo gesto avrebbe potuto distruggerlo. L’adrenalina gli salì alle stelle al solo pensiero di possederla in quelle condizioni.

«Mia signora…» un soldato s’affacciò timidamente all’entrata della tenda, ma venne subito incenerito dallo sguardo di Mhanna.

«Mi auguro tu abbia qualcosa d’importante da dirmi altrimenti ti trasformo all’istante in un rospo!»

«Penso di sì mia signora…» azzardò mestamente l’uomo con lo sguardo a terra. «È arrivato il cuoco, l’abbiamo preso.»

Mhanna si calmò all’istante e lasciò che il soldato continuasse a spiegare.

«È incredibile, aveva con sé tre borse colme d’oro! Ha cercato di fuggire, ma l’abbiamo trovato esattamente dove voi ci avevate indicato! Non ha avuto scampo.»

«Perfetto! Portami immediatamente da lui!» ordinò imperiosamente.

Visibilmente sollevato per aver evitato di diventare il bersaglio dell’ira della maga, s’affrettò a guidarla dal prigioniero con fare cerimonioso.

Otre, sudicio e sudato, era stato legato ad un palo sotto il sole cocente.

«Puzza come un maiale!» esordì Thalos lieto che Mhanna avesse un obiettivo concreto a cui lanciare i propri strali.

Il manipolo di soldati che li stava accompagnando e che stava assistendo alla scena ebbe il medesimo pensiero.

La donna guardò con disprezzo la caricatura d’uomo che aveva davanti e fulminandolo con gli occhi lo interrogò. Il silenzio attorno a loro era totale, persino gli uccelli avevano smesso di cinguettare.

«Bene, bene! Guarda chi abbiamo qui, il traditore ubriacone!»

Otre deglutì senza avere il coraggio di guardare negli occhi la sua aguzzina.

«Mi hanno detto che eri pieno d’oro… potrei dirti che non ero a conoscenza dei dettagli, ma sai bene come ciò corrisponda al falso! Lo sai vero?»

Non ottenendo alcuna risposta comandò ad un soldato di sollecitarla con le maniere forti. L’ordine fu eseguito all’istante ed Otre si trovò con il collo stretto in una morsa mortale e costretto in direzione dello sguardo implacabile di Mhanna.

«Sì mia signora…» balbettò sentendosi invadere da un terrore cieco che non aveva mai provato in tutta la vita.

«Non hai alcuna possibilità di sfuggire al tuo destino, ma se sarai loquace al punto giusto, potrò essere magnanima con te.

Il bagliore d’una fiammella di speranza incoraggiò Otre che si ripromise di essere il più accondiscendente possibile.

«Tutto quello che desiderate mia signora, non vi nasconderò niente, lo giuro!» implorò mentre il soldato allentava leggermente la pressione al collo per permettergli di parlare.

«Dove sono andati?»

«Mia signora giuro che non lo so…» esordì, ma un cenno di Mhanna fece nuovamente accentuare la pressione alla gola.

«Non dire stupidaggini! So benissimo che sai qualcosa e non hai alcuna possibilità di nascondermela.»

«Ve lo giuro mia signora, c’è stato quel morto che si è alzato nella caverna…»

«Che idiozie stai dicendo?» Thalos gli sferrò un calcio all’addome ed Otre urlò dal dolore.

«Non sto mentendo, nella caverna c’era uno scheletro che camminava ed io sono fuggito a gambe levate. Da quel momento non li ho più visti.» piagnucolò.

Mhanna ordinò al soldato di allentare la pressione ed Otre fu in grado di spiegarsi con maggiore facilità.

«Il capitano della mia nave è morto lì dentro, lo schiavo l’ha ucciso.»

«Intendi Trascus? Descrivimelo bene!»

«Sì lui! È alto, molto alto quasi come Thotme! Ha occhi marroni, pelle scura e dei muscoli da lottatore che, mi creda, lo rendono praticamente invincibile.»

«Di fronte alla tua flaccidità anche un moscerino avrebbe qualche possibilità di vittoria.» il sadismo di Thalos sembrò girare il coltello nella piaga.

Mhanna riconobbe la verità nelle parole di Otre: gli schiavi venivano scelti tra i migliori membri delle tribù, dovevano essere forti ed in buona salute in modo da rendere al massimo nel lavoro. Ma gli aveva dato una descrizione d’uno schiavo che poteva corrispondere al settanta percento di tutti gli uomini catturati. Non era abbastanza particolareggiata da permetterle di fermare l’immagine di Trascus.

«Sei un essere assolutamente inutile!» sibilò invitando il soldato a lasciare la presa sulla gola.

«Sono in tre vero?»

«Sì mia signora, sono due ragazze ed una è la figlia dei Sommi, ma immagino che voi, con tutta la vostra sapienza, lo sappiate già.»

«Eccome se lo so lurido essere immondo e se non fosse stato per te ora sarebbe ad Atlantide.»

Otre deglutì e tremò di terrore, ma provò a distrarre Mhanna dandogli alcuni indizi che potevano essere di suo gradimento.

«Mia signora l’altra ragazza è un’Intoccabile, una sua amica… si chiama Gelkares... lei sicuramente la conoscerà.»

«Certo che la conosco e lo sapevo già. Mi auguro tu abbia qualcosa di più interessante da dirmi.»

La minaccia implicita di quelle parole preannunciava l’orrore che tutti sapevano sarebbe giunto come epilogo.

«Sì mia signora, so dove sono diretti.»

La notizia accese d’interesse la Maga Nera e l’invitò senza tante cerimonie a spiegarsi.

«Il ragazzo appartiene ad una tribù del sud, non so di preciso. Una sera li ho sentiti parlare fra loro e Trascus diceva che sarebbero tornati lì. Ne sono certo!

L’informazione aveva un certo valore perché permetteva di orientarsi in una sola direzione, ma rimaneva ancora troppo vaga.

«Per quello stupido oro ci hai traditi!» schiumò Thalos.

Il cuoco tremò quando la Maga Nera, con incedere felpato, s’avvicinò maggiormente a lui. Per il terrore perse il controllo degli sfinteri ed urinò nei pantaloni. Il puzzo d’ammoniaca, mischiato a quello di partenza, fece storcere il naso a Mhanna.

«Sei un essere viscido ed inutile!»

Con il tacco gli pestò un palmo della mano causandogli un urlo di dolore che sfondò il silenzio della radura.

«Mahina come sta?»

Il corpo sinuoso della maga ondeggiava sottilmente anche quando era ferma, in un movimento ipnotico che paralizzava ogni coscienza ed obbligava all’ubbidienza assoluta.

Otre si costrinse a risponderle sperando in un’improbabile clemenza.

«Intende dire come procede la gravidanza?»frignava più che parlare.

«Esattamente! Quindi sa di essere gravida?»

«Sì mia signora, vi assicuro che lei lo sa e anche gli altri. È stata male solo una volta durante la navigazione, ma parlavano di una gravidanza.»

«Qualcosa di utile lo stai dicendo alla fine.» il disprezzo nella voce era palese, ma il contenuto del commento accese di speranza il cuore del cuoco.

«Hai avuto l’impressione che usasse la magia? Non credo tu sia in grado di rispondere ad una domanda tanto impegnativa, ma provaci!»

«Mia signora non mi pare, non è in alcun modo come voi, non sa fare in alcun modo le cose che fate voi!»

«Stupido, come osi fare paragoni?» inveì Thalos sferrandogli un fendente al fianco che lo costrinse a piegarsi in due.

«Questo essere inutile non ha più niente da dirci. Uccidetelo!» decretò Mhanna allontanandosi sdegnosamente.

Prima d’andarsene aggiunse, accompagnando le proprie parole ad un cenno elegante della mano:

«Voglio assistere ad uno spettacolo che mi distragga da questo viaggio fallimentare! Seppellitelo fino al collo, voglio che corvi e formiche lo divorino!»

«Mia signora no… vi prego, vi supplico… mi risparmi… non potete farlo…»

Il mostro nero della paura si era ormai impadronito d’ogni briciolo di lucidità rimastogli.

Pronunciata la sentenza Mhanna s’incamminò con passo regale verso la frescura confortevole della tenda.

Thalos la seguì a poca distanza al colmo dell’eccitazione: l’idea della tortura, il sangue, ma soprattutto la ferocia di quella donna, agivano come un potentissimo afrodisiaco per i suoi sensi.

Appena entrarono nella tenda la maga lo prese per la giacca e lo baciò con passione.

Scivolò con una mano sotto la propria veste e la ritrasse offrendogli l’indice umido e luccicante.

«Ti voglio adesso!»

L’imperativo, li catapultò in un amplesso violento come i loro cuori di ghiaccio.

Quando giacquero inerti fra le lenzuola scompigliate, la donna si era calmata.

«Quello zotico non ci ha dato notizie degne d’attenzione, speravo in qualcosa di più. Sappiamo che sono diretti a sud, ma è pieno di tribù da quelle parti. Manderemo uomini a cercarli in tutto il territorio, ma dobbiamo escogitare qualcosa di più incisivo.»

Thalos le accarezzò le cosce tornite ammirando la morbidezza di quella pelle di velluto. Non aveva energia per pensare o per risponderle ed attese che si addormentasse prima di seguirla nel sonno.

Mhanna si trovò dinnanzi a tre vecchie porte scrostate dal tempo, alloggiate in uno spazio boscoso in cui le fronde degli alberi creavano una fitta volta sopra la sua testa; un lembo di sole filtrava timidamente dalle sottili fessure tanto da rendere visibili le forme circostanti.

Le porte non erano parte d’alcun edificio, sembravano sospese nel nulla e la donna le guardò con circospezione. Sapeva che dietro ad una di esse avrebbe trovato quel qualcosa che cercava: strano non rammentava di cosa si trattasse.

Un corvo gracchiò poco distante e Mhanna l’osservò cercando un qualsiasi indizio utile.

L’unica cosa che differiva nelle tre porte era la forma delle maniglie: osservandole da vicino si accorse che si trattava della rappresentazione di tre Rune: Algiz, Tyr, e Dagaz.

Si sentì attratta da Tyr e decise d’aprirla, ma un’energia invisibile ed oscura la sospinse all’indietro.

“Sei tu Ninith, vero? Mi stai guidando… sapevo che non mi avresti abbandonata!” pensò rivolgendosi alla Dea.

«Quindi non si tratta di Tyr.» affermò a voce alta. «E' forse Dagaz?»

Tentò di schiudere la seconda porta, ma si replicò la scena precedente.

«È Algiz quindi! Bene!» afferrò la maniglia con decisione e la porta cedette, cigolando rumorosamente.

Una volta aperta le si rivelò un luogo che aveva già visto in precedenza: in un lampo ricordò che si trattava delle grotte di Potumis e che vi era andata quando era ancora una giovanissima Iniziata, insieme al Gran Maestro.

Thotme le aveva raccontato che quelle grotte costituivano un labirinto senza uscita, nessun essere vivente per quanto evoluto vi aveva mai fatto ritorno. Mhanna aveva avuto il sospetto che quelle parole avessero l’unico scopo di generare un timore che peraltro, non era riuscito a suscitare.

Chiese alla Dea il motivo della sua presenza in quel luogo ed ella rispose, quasi sorprendendola, con una voce così melodiosa che anche se l’aveva udita innumerevoli volte la fece sciogliere di piacere.

“Amata” esordì la Dea “all’entrata della grotta troverai un indizio importante che ti condurrà all’oggetto del tuo desiderio. C’è però un prezzo da pagare: sei disposta a donarmi qualsiasi cosa io ti chieda?”

«Mia Dea, la mia anima ti appartiene totalmente. Non c’è prezzo che non pagherei per servirti!» la devozione di Mhanna era totale.

“Quello che voglio è l’uomo con cui hai appena giaciuto.”

La Maga Nera si sentì gelare il sangue dalla sorprendente richiesta e balbettando in un modo del tutto inusuale per lei, s’accertò d’averla compresa correttamente.

«Intendi dire Thalos?»

“Sì mia diletta! È forse un prezzo troppo alto? Preferisci un semplice uomo alla tua Dea?”

«No, certo che no...» rispose in un sussurro strozzato «è che non credevo mi chiedessi tanto. Thalos è un valido aiuto per me, lo sto ancora formando, ma è promettente. Perché proprio lui?»

La Dea l’incantò con la sua melodia.

“Non è lui che ho scelto per mostrarmi al mondo, sei tu. Saper rinunciare alle cose od alle persone che per noi sono importanti significa non aver bisogno di nessuno. Hai necessità della presenza d’un uomo per essere quella che sei, per essere la mia rappresentazione in Terra?”

Mhanna annuì comprendendo le parole della Dea.

“Sai che ogni sacrificio che mi dedichi significa più potere per te! Più grandi sono le facoltà a cui aspiri, maggiore sarà il sacrificio richiesto.”

«Dimmi quello che desideri e lo farò!» la determinazione del proprio intento faceva a pugni con il nodo allo stomaco che stava avvertendo.

“Dovrai condurre Thalos alla grotta ed io lo prenderò con me.”

«Non tornerà mai più? È vero quello che si dice di quelle grotte?»

“Mia cara non è necessario tu sappia come lo farò mio. Tu esegui ed avrai le risposte ed anche di più. Entrerai con lui ma uscirai sola… tu non rimarrai in quel luogo, te lo prometto.”

«Mia Dea tutto quello che vuoi. Farò come mi chiedi.» abbassò la testa in segno di sottomissione.

Si svegliò di soprassalto madida di sudore freddo. Thalos giaceva ancora addormentato accanto a lei.

Rimase ad osservarlo per diversi minuti, il viso ampio dai lineamenti regolari, il naso stretto e dritto che si allargava leggermente in punta, la fronte larga e spaziosa. Abbassò lo sguardo ed ammirò il corpo nudo e muscoloso al punto giusto e si sorprese ad accarezzargli, in un gesto di tenerezza, i capelli corvini che giacevano scompigliati sul cuscino. Nessun uomo, fatta eccezione per Thotme, gli era mai piaciuto tanto. L’idea di perderlo le risultava penosa, ma il potere che ne avrebbe ricavato era di gran lunga più allettante.

«Thalos, sei sveglio?» lo scosse per destarlo.

«Mmmhh… ti sei già ripresa?» farfugliò il giovane con voce impastata, ma felice di vedere quel volto sopra al suo.

«Devo comunicarti una cosa importante ma voglio che tu sia lucido.»

S’alzò dal letto, il corpo completamente nudo e con l’agilità d’una pantera si diresse alla caraffa d’idromele. Riempì due calici di cristallo prima di tornare con naturalezza davanti al suo amante e porgergliene uno.

Thalos che si era svegliato completamente, si beò della vista di quel corpo perfetto e sfacciatamente sensuale.

«La Dea mi ha parlato nel sonno, ora so come arrivare a Mahina.»

«Davvero? Cosa ti ha rivelato?»

«Mi ha detto come arrivare ad un indizio che ci porterà da lei, non è molto distante da dove ci troviamo ora. Ormai è sera, partiremo domani mattina.»

«Perfetto, sono pronto!» rise con complicità.«Sapevo che il potere della Dea non ci avrebbe abbandonati, siamo suoi e lo saremo sempre!»

«Sì, siamo sue creature. C’è una richiesta della Dea che ti riguarda però…» le parole rimasero per una frazione di secondo sospese nell’aria.

«Riguarda me? Ne sei certa?»

«Certissima!»

Lo spinse con decisione contro il cuscino e con la punta della lingua arrotolata gli solleticò i capezzoli.

«Tu mi fai impazzire Mhanna, sei semplicemente divina. Farei qualsiasi cosa per te… cioè, per la Dea!» si corresse.

«Non si tratta di qualcosa di difficile: dovrai entrare nelle grotte di Potumis, in una in particolare, perché è lì che si trova l’indizio.»

«Le grotte di Potumis? Mi hanno detto che sono dei labirinti senza uscita e perché proprio io?»

«Non chiedermi il motivo, la Dea non me l’ha rivelato, ma non preoccuparti: Ninith mi ha spiegato come fare e non ci sarà alcun pericolo per noi.»

Thalos era stupito, non riusciva a capire il motivo di quella richiesta, ma i baci di Mhanna e la bocca calda che passò ad occuparsi della sua virilità posero fine ad ogni pensiero razionale.

«Non temere, entreremo ed usciremo insieme da quella grotta.» alzò lo sguardo ambrato verso di lui catturando in robuste spire la sua anima prima di portarlo ad un’estasi che placò ogni dubbio.

Era pronto per lei e Mhanna lo sapeva, lo sentiva: Thalos gli apparteneva totalmente.

«Che ne dici mio amato se ci andiamo a godere lo spettacolo di quello stupido cuoco prima di continuare? Domani sarà una giornata un po’ impegnativa e stasera dobbiamo festeggiare!»

«Sei insaziabile!» con un balzo s’alzò dal letto, si vestì alla meno peggio ed aspettò che anche Mhanna fosse pronta.

Il sole stava calando all’orizzonte, l’aria era più fresca ed i soldati giacevano impigriti attorno ai falò disseminati nel campo.

La vista della Maga Nera li fece saltare sull’attenti in un lampo.

Mhanna ignorò altezzosa i loro saluti e si diresse decisa verso Otre o perlomeno, verso ciò che rimaneva di lui.

Sebbene il corpo del cuoco fosse completamente sepolto dalla terra il fetore che emanava era ancora più insopportabile. Per l’azione del sole il volto si era trasformato in una piaga unica ed i bulbi oculari si erano gonfiati come due uova. Le grosse formiche rosse che erano accorse in massa al banchetto, avevano divorato gran parte della carne, ma era ancora vivo sebbene incosciente.

Thalos gli sferrò un calcio per accertarsi del suo stato ed il cuoco rispose articolando un suono privo di forma.

«Che meraviglia la distruzione!» Thalos contemplava la scena con occhi accesi dalla lussuria.

«È vero!» concordò Mhanna con freddezza ed in quel momento divenne consapevole dei limiti del suo pupillo.

Era troppo eccitabile e legato alle proprie passioni sadiche per riuscire a controllare la grande forza oscura che veniva concessa ad un mago d’alto livello come Thotme.

Gli mancavano il sangue freddo, la capacità di non farsi coinvolgere dalle situazioni per quanto attraenti. Ma sapeva che in fondo stava cercando delle scuse per giustificare il sacrificio che stava per compiere; era giovane e si sarebbe formato nel tempo, proprio come avevano fatto lei e Thotme.

“Peccato” si disse.

«Tra qualche ora sarà morto e probabilmente i corvi sbraneranno quel poco che rimane del suo inutile volto!»

Thalos era di nuovo al culmine dell’eccitazione.

«Che ne dici di rientrare e di onorare la fine di questo inutile essere?» propose.

«Penso che sia un’ottima idea.» Mhanna si bloccò sul posto catturando il suo sguardo in una rete ipnotica ed aggiunse:

«Non ti dimenticherai mai di me!»

«Non potrei mai mia divina, nessuna potrà mai eguagliarti in tutto ciò che sei! Ti voglio, adesso!»