20) Sonda astrale

Mhanna e la sonda astrale ESCAPE='HTML'

Phale e Gelkares curarono la profonda ferita di Trascus alla meno peggio, ma sapevano che avrebbero dovuto intervenire in maniera più incisiva quanto prima: il pericolo d’infezione era elevatissimo.

«Cosa facciamo Trascus?» chiese Phale guardandolo negli occhi velati di sofferenza.

«Dobbiamo allontanarci, scendendo dalla parte opposta.»

«Ce la fai a camminare?» Gelkares lo accarezzò con gentilezza su una mano e la scoprì fredda come il ghiaccio.

«Ci riesco tranquille!» si alzò da terra e si avviò zoppicando lungo il tornante, senza aspettarle.

Phale lo seguì rimanendo qualche passo indietro, aveva bisogno di riflettere sulle parole della madre. Sapere che i Dodici le erano vicini le dava una forza incredibile e forse il suo bambino avrebbe avuto qualche speranza in più di sopravvivere.

Affrontare un territorio ostile la spaventava, ma aveva capito che con l’aiuto di Tascus ce l’avrebbe potuta fare; Mhanna e Thotme invece, erano un altro discorso, un’incognita che poteva scatenare una minaccia insolvibile in qualsiasi momento.

«Che succede Phale?»

«Dobbiamo parlare e credo sappiate di cosa.»

«Ti riferisci ai Neri?» chiese con acume Gelkares. «Hai sentito anche tu che qualcuno stava sondando l’astrale?»

«Eccome se l’ho sentito e mi sono protetta come potevo. Tu? Se è entrata dentro la tua essenza può averti letto tutto quanto… anche il mio nome spirituale. Forse non dovevo dirvelo.»

«Cosa intendi Phale?» domandò Trascus.

Phale guardò con tenerezza quel bellissimo uomo muscoloso che in quel mondo era un titano, ma che nel suo era un semplice pupazzo manovrabile da chiunque e cercò di diminuire l’abisso che li separava, spiegandogli il problema.

«Mhanna ci sta cercando attraverso l’astrale.»

Al suono del nome tanto odiato Trascus s’irrigidì.

«Intendi dire come quando sei andata in trance tu?»

«Sì, una cosa simile. Si può raggiungere qualsiasi luogo e chiunque, se lo si sa fare, ma ci vogliono dei punti di aggancio, come il nome d’una persona e la sua conoscenza fisica. Noi Bianchi sappiamo come schermarci quando avvertiamo la presenza della magia nera: si annuncia sempre con un freddo glaciale. Tu Trascus sei più vulnerabile, non sai schermarti e Mhanna potrebbe individuarti ed entrare nella tua mente per indurti a rivelarle ciò che sai.»

Trascus tacque impotente di fronte alla spiegazione ed avvertì riemergere con prepotenza l’antica paura che l’aveva accompagnato durante la schiavitù.

Mhanna era la persona più malvagia al mondo, nessuno si poteva salvare dai suoi poteri oscuri; aveva visto di persona le tecniche che utilizzava per soggiogare la mente dei malcapitati piegandoli ai suoi più turpi voleri. Scacciò i ricordi con uno sforzo di volontà e si concentrò sul dolore che, essendo un qualcosa di fisico, riusciva a controllare con più facilità

«Trascus cercherò d’insegnarti la tecnica per schermarti, è importante che tu l’impari. Non è difficile, ma richiede applicazione. Mahnna non dovrebbe avere punti d’aggancio con noi due: io e Gelkares ci siamo schermate. Però non sono certa di quello che sa di te. Se fosse venuta a conoscenza del mio nome spirituale sarebbe qui ora e così non è. Quindi non l’ha letto in te, forse non si ricorda con precisione chi sei.»

«Puoi essere certa che non si rammenta delle sue cavie anche perché ne utilizza così tante che una vale l’altra!» ringhiò Trascus fermandosi sul posto per un improvviso spasmo di dolore; cercò di dissimularlo bevendo un po’ d’acqua.

«Bene questo ci dà un lieve vantaggio fino a quando anche tu non saprai difenderti. Il problema rimane Otre; da lui può avere tutte le informazioni che le servono per orientare la sonda astrale, ma se ci allontaniamo abbastanza in fretta non dovrebbe raggiungerci.»

I due amici la guardarono sconsolati, non sarebbe stato facile. Otre si trovava a poca distanza da loro e probabilmente in quello stesso momento era tornato a riprendersi l’oro.

«Ho anche una bella notizia da darvi» cercò d’incoraggiarli Phale accorgendosi del loro stato d’animo «avete presente l’illusione dello scheletro alla caverna? Quando sono tornata a prendere lo zaino si è rivelato a me il suo autore.» un sorriso malizioso le si stampò in volto.« Era mia madre.»

«La Somma sa dove sei?» il grido di Gelkares riempì il silenzio che li circondava.

«Sì, tutti i Dodici sono informati sulla nostra situazione e sanno anche della mia gravidanza!»

«E questo per noi cosa significa?» chiese Trascus incuriosito.

«Significa che potranno aiutarci anche se a distanza. Mia madre non ha avuto modo di spiegarmi ogni cosa, ma lo farà presto; si trovava in astrale da troppo tempo.»

«Cosa accade in quel caso?»

Fu Gelkares a rispondergli.

«Tutto quello che tu crei nella dimensione astrale se ha il tempo di fissarsi come immagine, crea un pezzo d’anima. Lo scopo dei Bianchi è l’Oltre e si raggiunge quando l’anima è integra nello stesso individuo ed in una stessa dimensione.»

«Per un Bianco» continuò Phale «significa dover vivere in un’altra esistenza quel pezzo d’anima, per poterlo integrare, riunire. Solo l’intero di un uomo può varcare la soglia dell’Oltre.»

«Il vostro è un mondo assurdo, non so proprio come riusciate a sopportare tutto senza impazzire!» si era rassegnato a capire quello che poteva di quelle strane spiegazioni.

«Ti assicuro» lo consolò Phale «che moltissime persone sono proprio impazzite durante l’unificazione. Sono necessarie moltissime esistenze per diventare forti abbastanza da raggiungere il grado di ierofante: l’uomo che vi riesce diventa un non essere, essendo tutto ciò che è. Anche se le nostre conoscenze sono molto evolute non è facile resistere alla pressione esercitata dalla miriade di anime compresse in una sola esistenza carnale.»

«Vi prego, fermatevi! Mi sta venendo mal di testa ad ascoltarvi. Imparerò volentieri a schermarmi, ma per quanto mi riguarda preferisco toccare e vedere le cose. Questo è il mio mondo e vi assicuro che non invidio il vostro.»

«Lo so! Vuoi che ci riposiamo? Sei pallido.» lo consolò con dolcezza Phale.

«Possiamo andare avanti ed arrivare in fondo alla collina, dovrei farcela. Cercheremo un buon punto per fermarci lì… ne abbiamo bisogno tutti, anche tu sembri stravolta.»

La ragazza si domandò che aspetto potesse avere dopo tanti giorni di cammino. Ispezionò gli amici e notò i volti disfatti dalla stanchezza, gli abiti sporchi e laceri, le ferite al corpo ed all’anima.

Dovevano assolutamente trovare un riparo e fare il punto della situazione. Fra i tre sapeva di essere lei a doversi prendere l’incarico: Gelkares era troppo fragile e gli ultimi eventi l’avevano mostrata nel suo vero volto e Trascus era ferito in modo grave e sicuramente la febbre lo avrebbe spossato entro breve tempo.

Raggiunto l’ultimo tornante si aprì davanti a loro una grande distesa di alberi che impediva la visuale del paesaggio sottostante.

Continuarono a camminare in silenzio, con sempre minore vigore e quando raggiunsero la valle tirarono un sospiro di sollievo.

«In questo momento non riesco a fare un piano chiaro della situazione… non mi ricordo questo posto.» sussurrò Trascus che stava peggiorando visibilmente.

«Abbiamo bisogno d’acqua pulita per lavare la ferita!» sentenziò Gelkares con preoccupazione, sorreggendolo per una spalla.

Phale gli si accostò dal lato opposto.

«Dobbiamo prendere una via che ci conduca ad una qualsiasi fonte.»

Phale vagliò le molteplici possibilità che avevano davanti: la valle si apriva in diverse ramificazioni e non sarebbe stato facile scegliere il percorso che li avrebbe potuti condurre ad un corso d’acqua.

Una farfalla bianca le svolazzò davanti impavidamente e s’allontanò in uno dei sentieri. La seguì con lo sguardo in un’improvvisa intuizione che si rivelò esatta quando la vide ritornare ad un palmo dal suo naso e volare subito dopo nella stessa direzione: le stava indicando la via.

«Andiamo di là!» esclamò decisa.

«Speriamo bene!» replicò Gelkares sollevata di non dover essere lei a prendere una decisione che poteva rivelarsi mortale per il ferito.

Il peso del corpo di Trascus era quasi intollerabile per le due giovani e Phale sapeva che non avrebbero potuto trascinarlo a lungo.

“Perché mi hai condotta fino a qui? Non abbiamo speranza, io non ho più forza e Trascus sta troppo male!” parlò al suo Fetch senza ricevere alcuna risposta.

Si fermarono diverse volte, ma quando Trascus perse i sensi e divenne un peso morto dovettero desistere.

L’adagiarono in un’area erbosa ed abbastanza spaziosa e Phale sfasciò la ferita. Quando la vide inorridì: era già purulenta, l’affaticamento della camminata ne aveva accelerato il processo degenerativo.

«Cavolo Gelky! Se non troviamo dell’acqua per pulirla la gamba andrà in cancrena. Ha la febbre molto alta!» confermò la propria diagnosi tastandogli la fronte con la mano.

«Cosa possiamo fare?»

Sembrava non ci fossero soluzioni, Phale si guardò attorno cercando un qualsiasi aiuto dalla vegetazione, ma ancora una volta non ricevette alcuna risposta e fu colta da un fremito d’impotenza.

«Phale! Lo senti anche tu?» gridò all’improvviso Gelkares.

Mhanna era vicina, il freddo glaciale che ne preannunciava la presenza si stava avvicinando.

«No!» pregò Phale. «Non ora! Dea aiutaci, non possiamo affrontare anche lei in questo momento.»

Gelkares cominciò a piangere ma Phale le ordinò di schermarsi.

«E a cosa serve schermarci, me lo dici?» le urlò l’amica in un accesso d’isteria. «Tanto c’è lui che è ferito e lo troverà annusandone il sangue indebolito. È come il miele per le api in questo momento!»

«Lo so, ma non possiamo fare nient’altro! Schermati Gelky… ti prego… ho bisogno di te adesso, rimani lucida.»

La preghiera sembrò calmarla e come un automa iniziò la schermatura seguita a ruota da Phale.

La voce della madre irruppe all’improvviso nel suo cuore.

“Sono qui Phale, non temere! Ci siamo tutti quanti e ho la forza dei Dodici con me. Non preoccuparti per il tuo amico, lo schermiamo noi. Tu e Gelkares pensate a voi stesse.”

«Sono qui Gelky, ci sono i Dodici… c’è mia madre.» l’informò fra le lacrime.

«Oh Dea, grazie… grazie!»

Il freddo gelido le aveva ormai raggiunte, si posò su Trascus solo per un attimo, ma proseguì, proprio come se non avesse individuato nulla.

Sentire quella presenza allontanarsi le fece tirare un respiro di sollievo.

Quando avvertì che non c’era più alcuna traccia di Mhanna e la sua sonda astrale anche Monràh si permise di comunicare con la figlia.

“Bambina siamo con voi, stai tranquilla. Voi sembrate stare abbastanza bene ma sento che il tuo amico sta molto male.”

«Sì madre, la ferita sta peggiorando visibilmente ed ho solo delle erbe medicinali, ma nemmeno un po’ d’acqua.»

“Cercheremo di sorreggere la sua energia vitale, ma non conosco quel territorio tanto da poterti dare una mano.”

«Madre, ti prego non abbandonarmi ora!» la pregò con disperazione.

“Non ti abbandoniamo bambina mia, non preoccuparti. Non so come, ma uscirai da questa situazione. Ho parlato con il tuo Fetch ed il tuo bambino è benedetto e deve sopravvivere. Abbi fede negli Dei.”

«Ma lui si salverà?» le chiese indicando l’uomo che sapeva di amare più d’ogni altro.

“Non lo so! È il padre del tuo bambino, Phale?”

«No madre. Non è lui! Allora non lo sapete…»

“Cosa dobbiamo sapere? Chi è il padre del bambino?”

Avvertendo la tempesta emotiva che quella domanda aveva provocato nella figlia, la Somma preferì non insistere oltre. Phale non rispose alla domanda ma chiese:

«Madre come è possibile secondo te? Gli Dei hanno scelto me per un compito per cui tu o tante altre maghe sareste state mille volte più idonee.»

“Bambina mia” la dolcezza della voce di Monràh agiva come un balsamo nel cuore della figlia “gli Dei sanno quello che fanno. Se avessero voluto una maga completa nella sua formazione l’avrebbero scelta. Evidentemente sei tu, così come sei, ciò di cui hanno bisogno. Noi serviamo gli Dei, siamo i Figli della Luce ed ovunque Essa ci conduca dobbiamo fidarci.”

«Lo so… so che gli Dei ci stanno vegliando, il mio Fetch mi ha spiegato molte cose anche se non tutto.»

“Anche a noi. I disegni superiori non possono mai essere rivelati nella loro interezza, te l’ho insegnato fin da bambina. Il destino è già scritto per ognuno di noi, ma il modo in cui si dispiega non lo sanno nemmeno gli Dei e dipende dalle strade che imbocchiamo, dalle nostre scelte. Se ci dicessero la fine non avremmo più alcun potere individuale.”

Phale capiva perfettamente le parole della madre e sapeva che era giusto così, ma non riusciva a non essere arrabbiata con gli Dei visto che tutto sembrava remarle contro. Portava in grembo il figlio d’un inganno e lo avrebbe dovuto amare ugualmente. Ci sarebbe riuscita? Fino ad ora era stato la causa di tutte le sue sofferenze.

“Bambina ora devo andare, ma non posso darti indicazioni su dove trovare dell’acqua. È tuo compito abbandonarti con la massima fiducia agli Dei. Non hai avuto modo di impararlo al Tempio ma è uno dei traguardi più importanti di un Iniziato. Credici bambina mia… Loro sono sempre con noi, sono sempre con te ed in te.”

Phale si sentì percorrere il corpo da brividi intensi nel riconoscere la verità di quella parole.

Monrah se ne era andata ed in qualche modo l’energia dei Dodici era riuscita ad abbassare la febbre di Trascus, tanto da fargli riprendere i sensi.

«Trascus ti sei ripreso!» urlò Gelkares abbracciandolo con trasporto!

«Lo so che non potete vivere senza di me ragazze!» scherzò.

«Taci» lo azzittì bonariamente Phale «ci hai fatte morire di spavento! Ti abbiamo trasportato dalla fine della collina e sei più pesante d’un bisonte!»

Trascus rise di fronte al paragone, ma solo per un attimo: il dolore della ferita che pulsava al medesimo ritmo del cuore, lo riportò alla realtà.

«Stai giù che riguardo la medicazione! Ci vorrebbe dell’acqua per pulire la lesione, non sai se qui attorno ci sia qualcosa di utile? Un villaggio, un lago, un fiumiciattolo… qualsiasi cosa…»

«Non mi ricordo, non riesco a pensare con lucidità! Non mi sembra di avere mai visto questo posto. Ero solo un ragazzo e non credo di essere mai venuto da queste parti!» rispose mestamente sentendo che le forze lo stavano abbandonando ancora una volta.

«Ho sonno… e freddo…»

«Gli sta salendo di nuovo la febbre!» affermò Phale sentendo la mano bruciare a contatto con la sua fronte.

Dopo pochi minuti il giovane perse nuovamente i sensi.

«Dobbiamo fare qualcosa! Vado a cercare dell’acqua, voi rimanete qui!» ordinò a Gelkares.

«Non penserai mica di abbandonarmi qui da sola con lui che sta morendo vero?» chiese l’amica spaventata.

Phale la guardò con disappunto, ma fu solo un attimo: non era forte, non lo era mai stata e probabilmente si era innamorata di Trascus per sentirsi in qualche modo protetta.

Pur essendo stanca e disperata almeno quanto lei, cercò di rasserenarla

«Devo trovare dell’acqua e anche un posto in cui ripararci per la notte; mancano un paio d’ore e non possiamo stare qui. Non sappiamo nemmeno se ci siano animali pericolosi.»

«E come faremo a spostarlo?» chiese guardando con perplessità la massa inerte accanto a lei.

«Non lo so Gelky! Ma gli Dei ci daranno una mano ne sono certa! Ci hanno condotte fino a qui ed abbiamo superato ostacoli immensi, non penso che permetteranno che Trascus ci abbandoni. Da sole non abbiamo nessuna probabilità di sopravvivere in questo territorio.»

«Lo so bene, lui ci serve!» rispose freddamente.

La natura del sentimento di Gelkares per Trascus si era rivelata totalmente in quelle parole.

“Per me è diverso...” spostò lo sguardo verso il volto sofferente dell’uomo che aveva imparato ad amare e non riuscì a trattenere le lacrime.

Fu proprio attraverso il velo salato che le inondava gli occhi che lo rivide.

Davanti a loro, con quello sguardo gentile con cui li aveva salutati, c’era il centauro a cui avevano salvato il cucciolo.

Si avvicinò al gruppo osservando il corpo privo di sensi di Trascus e con uno sforzo minimo se lo caricò in groppa, invitando Gelkares e Phale a seguirlo.

Anche se erano stanchissime sapere di non avere più il peso del ragazzo costituiva un sollievo enorme.

Seguirono il centauro in silenzio e Phale constatò che camminava lentamente per permettere loro di stargli al passo.

Grande fu la sorpresa quando dopo mezz’ora di cammino si stagliò davanti a loro uno dei luoghi più belli che avessero mai visto.