Epilogo

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Non si era accorto di essersi addormentato, la stanchezza era riuscito a sconfiggerlo.

Thoth si voltò preoccupato verso Him, il suo cavallo bianco, ma sentendolo nitrire si rassicurò.

Si alzò a fatica da terra, puntellandosi col bastone d’argento e ringraziando mentalmente lo Spirito della quercia che lo aveva vegliato durante il sonno.

La gamba sinistra gli doleva più del consueto, probabilmente a causa dello sforzo prolungato di quei giorni.

L’osservò con il solito disappunto pensando a quanti problemi gli aveva causato nel corso della vita: si considerava maledetto dagli Dei perché fin dalla nascita aveva dovuto affrontare eventi che avrebbero distrutto chiunque.

Certo, c’era la Profezia che parlava in modo molto diverso di lui, ma era arrivato alla conclusione che si trattasse d’un errore d’interpretazione.

Ad ogni modo non avrebbe accettato di essere ciò che gli si chiedeva, non sarebbe stato lo strumento di distruzione di Atlantide.

Alzò lo sguardo al cielo che si era flebilmente rischiarato e su cui fiammeggiava la prima stella del mattino.

Si affiancò zoppicando al cavallo e l’accarezzò sul muso ricevendo in cambio un nitrito d’apprezzamento.

«È ora di continuare il viaggio amico mio, è ora di porre fine a questa assurda storia.»